Minori entrate per Riscossione Sicilia, da governo Musumeci 5 milioni di euro
PALERMO - Cinque milioni di euro a favore di Riscossione Sicilia per compensare le minori entrate derivanti dal differimento dell’esazione fiscale a causa delle conseguenze economiche dell’emergenza epidemiologica nell’Isola.
Lo ha deciso il governo Musumeci, su proposta dell’assessore all’Economia Gaetano Armao.
“Le risorse provengono dal risultato positivo del lungo negoziato avviato con lo Stato – è spiegato in una nota del governo regionale - fin dall’inizio di questa legislatura, che ha consentito di estendere anche alle Regioni a Statuto speciale la moratoria delle quote capitale dei mutui. Un’operazione che comporta una riduzione del contributo della Sicilia alla finanza pubblica.
“Abbiamo deciso – sottolinea il vicepresidente della Regione Gaetano Armao – di destinare queste risorse in vari settori economici, attenuando così gli effetti della crisi derivanti dall’espandersi dell’epidemia da Covid-19 in Sicilia. Oltre ai 3,5 milioni di euro già assegnati al cosiddetto “bonus matrimoni”, questo ulteriore stanziamento viene trasferito alla nostra società incaricata di gestire la riscossione dei tributi e delle altre entrate nella Regione Siciliana”.
Ma la storia di Riscossione Sicilia è da sempre caratterizzata da interventi da parte del governo regionale per risanare i debiti e per provvedere alla ricapitalizzazione di uno dei cosiddetti carrozzoni mangiasoldi, che altro non sono che le partecipate. Le società con parziale o totale partecipazione della Regione al capitale azionario in Sicilia hanno avuto vita semplice fino all’avvento del Governatore Crocetta che aveva fatto della loro abolizione un cavallo di battaglia. In realtà avvenne un semplice riduzione e il nuovo governatore Musumeci decise di farsi carico dal 2017 di continuare in quest’opera.
Ma la partecipata Riscossione Sicilia, che si occupa di incassare i tributi dei siciliani, è riuscita a sopravvivere fino ad oggi, grazie anche ad iniezioni di ossigeno da parte della Regione per provvedere a risanare le situazioni debitorie.
Sul passivo costante della partecipata la Corte dei Conti negli anni è intervenuta rilevando la gravità del debito prodotto da questa società ogni anno e nell’aprile 2017 l’Ars ne approva la liquidazione, stabilendo che la stessa sarà soppiantata dall’ente nazionale che già si occupa di riscuotere i tributi in tutte le altre regioni d’Italia. Ma da quella data ad oggi non si è mossa una foglia e i 700 dipendenti si trovano in un limbo con l’incertezza di un posto di lavoro, perché nessuno ha dato garanzie di passaggio automatico dal vecchio al nuovo ente. A marzo di quest’anno i sindacati di categoria avevano scritto al presidente della Regione chiedendo garanzie sul pagamento dei dipendenti e soprattutto certezza di far confluire tutti i dipendenti nell’Agenzia delle Entrate. Ma ad oggi l’unica risposta sono stati i 5 milioni di euro per continuare a pagare i dipendenti, ma nessuna certezza di diventare dipendenti dell’ente nazionale. I sindacati rivendicano oggi l’attuazione della legge regionale 16 del 2017 che prevede, previo accordo con lo Stato, la confluenza di attività e personale nell’Agenzia dell’Entrate, ma ne governo regionale ne Assemblea hanno agito in questo senso prolungando l’agonia di un ente sempre più in passività.
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