Produttività all’Ars, soltanto un magro bottino. Cambio di rotta? Più leggi utili e meno privilegi
di Raffaella Pessina e Patrizia Penna
Con il referendum dello scorso 20 e 21 settembre, gli italiani si sono espressi in modo favorevole sulla riduzione del numero dei parlamentari di Camera e Senato, mostrando la precisa volontà di ridurre i costi della politica e gli insopportabili privilegi.
In Sicilia una riduzione in questo senso è già stata operata e a partire da questa legislatura (la XVII) i deputati di Sala d’Ercole sono scesi da 90 a 70. Ma i parlamentari regionali continuano a guadagnare cifre di tutto rispetto. Il trattamento economico dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana è pari a quello dei parlamentari nazionali così come previsto dalla legge regionale n. 44 del 30 dicembre 1965 e dalla legge n. 1261 del 31 ottobre 1965. Tra indennità e diaria i deputati siciliani guadagnano 11.100 euro lordi mensili. Ma questo è solo lo stipendio base cui si aggiungono altre voci di spesa. è infatti previsto un rimborso per i cosiddetti portaborse pari a 3.180 euro mensili, per un totale mensile di 222.600 euro e 2 milioni 671 mila euro che si vanno ad aggiungere allo stipendio base.
A queste cifre si aggiunge l’assegno di fine mandato pari ad una mensilità di indennità parlamentare lorda per anno di mandato parlamentare. Ad esempio, se un deputato viene eletto per una sola legislatura e la porta a compimento, avrà un assegno di fine mandato pari a 26.400 euro per deputato per un totale di assegni da corrispondere ai deputati a fine legislatura di 1.848.000 euro.
I parlamentari regionali hanno a disposizione altre indennità.
Si tratta ad esempio delle cosiddette indennità di funzione che vengono corrisposte al presidente dell’Ars (2.700 euro), ai due vice presidenti (1.800 ciascuno), ai tre deputati questori (1.622,45 ciascuno), ai 5 deputati segretari, 7 presidenti di commissione, ai 12 presidenti di gruppo parlamentare (1.159,14 ciascuno), ai 14 vicepresidenti di commissione (289,79 euro ciascuno) e ai 7 segretari di commissione (144,89 ciascuno).
Secondo il bilancio di previsione del 2020 i deputati costeranno 16 milioni 433 000 euro, considerando due voci contenute nel prospetto del bilancio di previsione per il 2020 : quella del costo vivo per i 70 deputati più i trasferimenti ai gruppi parlamentari.
Ma quella economica, dei costi spropositati, non è l’unica anomalia che si registra all’interno del Parlamento siciliano. Alcuni parlamentari godono di un privilegio aggiuntivo: coloro che rivestono una carica in aggiunta a quella di deputato, vengono considerati automaticamente presenti in Aula senza dover rendere pubblica la frequenza alle sedute d’Aula. Questo fatto viene specificato in calce al prospetto sulle presenze che viene aggiornato trimestralmente e pubblicato sul sito ufficiale dell’Ars secondo il d.p.a. n. 25/Rag del 30/1/2012 e successive modificazioni). Si tratta di 35 persone, praticamente la metà dei presenti a Palazzo dei Normanni.
Dovete sapere inoltre che nel momento in cui si conclude una legislatura con la indizione delle elezioni, i “vecchi” deputati non decadono, anche se l’Assemblea non legifera più, e gli stessi continuano a percepire i loro lauti stipendi senza materialmente lavorare e ciò avviene fino all’insediamento del nuovo Parlamento.
Tanto per non andare lontano, la XVI legislatura si è conclusa con l’ultima seduta del 19 settembre del 2017 e il nuovo parlamento della 17ma si è insediato molto dopo, il 15 dicembre dello stesso anno, con un “buco” di tre mesi durante i quali i deputati decaduti hanno comunque percepito la propria indennità. Totale dell’esborso: 4 milioni 619.473,79.
Tiriamo un po’ le somme, l’Ars lavora bene a suo dire o potrebbe lavorare meglio? Come?
“Un primo tema è certamente quello del funzionamento delle Commissioni. In particolare, ad esempio, la IV (Ambiente, Territorio e Mobilità, ndr) dove spesso ci si ritrova ad esaminare disegni di legge di grande rilevanza ma dove però si lavora anche ‘a colpi di maggioranza’ e non si lavora per condividere percorsi ampi su temi delicatissimi”.
Questo incide dunque sulla produttività legislativa?
“Incide sulla qualità delle leggi ma anche sulla velocità dei lavori. Un conto è che qualcuno pensa di andare avanti ‘sconfiggendo’ con i numeri le opposizioni, un conto, invece è ragionare su una una proposta politica ed ampliarla. Ad esempio, la riforma dei rifiuti non ha trovato una soluzione condivisa in tre anni, ogni partito ha provato a far valere le sue ragioni e la maggioranza pensava di arrivare in Aula con una legge e di farla passare con una manciata di voti in più. Ora il Ddl è ritornato in commissione, adesso c’è una proposta del centrodestra che è singolare e questo comporterà ulteriori ritardi nei lavori”.
Con l’ultimo referendum i siciliani si sono espressi a favore del taglio ai costi della politica. L’Ars ha già ridotto il numero dei parlamentari ma i privilegi sono ancora tanti. Cosa può fare il Parlamento siciliano per riconquistare la fiducia dei cittadini?
“Più che il taglio ai privilegi, nel voto espresso dai siciliani leggo un‘inequivocabile sfiducia nei confronti delle Istituzioni. Il dato è confermato anche dalla scarsissima affluenza alle ultime elezioni amministrative ed è un fatto che la Sicilia si attesta sempre tra le regioni d’Italia con le percentuali più basse di affluenza alle urne. Il tema c’è e il modo migliore che la politica ha di rispondere è costruendo leggi utili e che abbiano un’efficacia e un’applicabilità immediata. Non di certo come la finanziaria regionale. Musumeci l’ha presentata come la legge che doveva dare fiducia e speranza ai siciliani. Ancora nessuno, invece, ha visto un euro”.
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