Ci sono i fondi per il collegamento stabile sullo Stretto di Messina: quei 1,3 miliardi richiesti dal Governo nazionale alla Sicilia come co-finanziamento alla realizzazione dell’opera con il prelievo dalle disponibilità dell’Fsc. Ma ci sono anche i fondi per integrare la quota di compartecipazione regionale della spesa sanitaria che peserà dal 49,1% al 42,5% sulle casse della Regione e che lo Stato, dunque, dovrà integrare. E sempre in tema di sanità c’è anche l’integrazione dell’8,08% delle prestazioni dei dipendenti del sistema sanitario nazionale. La Legge di Bilancio approvata presenta ci sono anche alcuni articoli importanti per alcune città della Sicilia.
I fondi per i Comuni, il caso Catania
A partire da Catania. Il comma 7 dell’articolo 56 e i commi da 1 a 4 dell’articolo 80 garantiscono a Catania la possibilità di buttarsi alle spalle in modo definitivo il dissesto attraverso un contributo statale di 150 milioni di euro (10 milioni l’anno dal 2024 al 2038) e consentono alla città di avviare assunzioni a tempo indeterminato contrastando così la cronica mancanza di personale. Per Siracusa arriva dall’opposizione una boccata di ossigeno per i Liberi Consorzi Comunali della Regione Siciliana in dissesto finanziario con la sospensione fino al 31 dicembre 2025 del contributo di finanza pubblica.
Legge di Bilancio 2024, cosa c'è per la sanità in Sicilia
La norma poi prova a mettere le fondamenta per la riduzione a carico dell’Isola della compartecipazione alla spesa sanitaria (articolo 448). Lo Stato con la legge di bilancio si impegna a versare 350 milioni il prossimo anno che aumenteranno di 50 milioni all’anno fino ad arrivare alla cifra di 630 milioni all’anno a partire dal 2030. Ma ci sono anche gli stanziamenti per le regioni per concorrere al servizi essenziali per gli asili nido (1,1 miliardi da dividere tra Sicilia e Sardegna), 120 milioni per il trasporto degli alunni disabili, 763 milioni per i fabbisogni standard che però devono essere ancora individuati dalla commissione tecnica.
L'attacco Cgil: "Mancano 5 milioni"
Ma oltre la manovra di bilancio sono diverse le risorse che mancano alla Sicilia come sostiene la Cgil regionale: quasi 5 miliardi le risorse sottratte dal Governo Meloni: oltre 4,8 miliardi con i tagli al Pnrr, pari a più di due miliardi e 400 milioni, in controtendenza con la situazione nazionale che vede invece crescere, con la revisione approvata dal Consiglio europeo, le risorse dell’1,73% (oltre 3 miliardi).
Sommando a questi la decurtazione del Fondo di sviluppo e coesione per 1 miliardo e 400 milioni, destinati ab origine a infrastrutture, dissesto idrogeologico e e interventi di coesione sociale e dirottati a finanziare il Ponte sullo Stretto e aggiungendo il taglio al reddito di cittadinanza che non farà arrivare nell’Isola 614 milioni, il mancato gettito fiscale pari a 150 milioni che lo Stato avrebbe dovuto trasferire alla Sicilia e inoltre, i 150 milioni in un triennio come risarcimento dei costi dell’insularità, previsti dal Def di aprile e scomparsi nella Finanziaria.
Legge di Bilancio e caso Sicilia: "Silenzio dal Governo regionale"
“Il Governo taglia”, ha detto il segretario generale Alfio Mannino, “peraltro nel silenzio e con l’assenso del Governo regionale, impegnato solo a occupare spazi di potere. Inevitabile a questo punto la mobilitazione - ha sottolineato il segretario della Cgil - per difendere e affermare i principi della nostra Costituzione in Sicilia ampiamente traditi, a partire dai diritti al lavoro e alla salute. Una mobilitazione alla quale sollecitiamo a partecipare il più ampio fronte di soggetti e associazioni”.
“Il taglio di oltre 4,8 miliardi”, ha rilevato, “conferma che siamo in presenza di un Governo che non guarda alla fragilità economica e sociale della Sicilia e del Mezzogiorno. Inoltre, se va in porto l’autonomia differenziata la Sicilia perderà un ulteriore miliardo e mezzo l’anno”.
Il sindacato punta il dito sul taglio da 1,1 miliardi che interessa le infrastrutture ed evidenzia come risultino definanziati integralmente la voce per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (erano previsti 84 milioni di euro), interventi per la resilienza energetica dei Comuni (si perdono 328 milioni) gli investimenti per la rigenerazione urbana (444 milioni di euro).
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