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Il mercato saluta bene la riforma bocciata

Il mercato saluta bene la riforma bocciata

Il mercato saluta bene la riforma bocciata

Sembra incredibile: la Corte d’Appello di Palermo ha condannato a 33 anni di carcere complessivi i cinque imputati del processo per il crack della cassa Vittorio Emanuele II, avvenuto nel 1997. Sono passati venti anni e ancora non c’è la sentenza definitiva, perché si presume che i condannati facciano ricorso per Cassazione.
Un esempio di malagiustizia, una delle cause principali dell’arretratezza del nostro Paese, che respinge gli investitori, i quali hanno bisogno della vera certezza del diritto.
Altra causa dell’arretratezza riguarda il tasso infrastrutturale che, nel Mezzogiorno, è doppio della media nazionale. Se il Sud riparte, diceva Renzi, riparte tutto il convoglio Italia. Ma il Sud non riparte se non si fanno le infrastrutture che sostengono la logistica e i trasporti pubblici e privati. Serve anche l’infrastruttura digitale che potrebbe essere attuata mediante la Banda larga, un progetto che si continua a trascinare negli anni.

E intanto la disoccupazione, seppur in calo, è a un maledetto 11,6% di media, che nel Sud è quasi doppio. Gli Stati Uniti sono vicini alla piena occupazione col tasso del 4,6% che si ritiene fisiologico. La Germania viaggia con una disoccupazione analoga e così tutti i Paesi avanzati (da Singapore al Giappone a quelli Nord europei).
Un’altra causa dell’arretratezza del Paese riguarda il sistema pubblico (perché pieno di privilegi e di privilegiati), nel quale la maggior parte di chi vi lavora si trova in quei posti più per la remunerazione che per il merito. E' vero che molti hanno superato il concorso pubblico, ma è anche vero che i vincitori di concorso sono una minoranza rispetto all’organico di 3,2 milioni di dipendenti.
Quasi nessuno parla di quell’altro milione di dipendenti parapubblici, assunti dalle partecipate con criteri per lo più clientelari e ovviamente senza aver fatto il concorso, perché l’assunzione è avvenuta per chiamata diretta, avendo le stesse partecipate la forma di società di diritto privato (Spa o Srl).
Non solo le partecipate e la pubblica amministrazione creano un danno per l’inefficienza della loro organizzazione, ma producono un danno maggiore perché diffondono la cattiva mentalità che esalta gli incapaci e non i meritevoli.

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi alcuni decreti legislativi emessi in attuazione della riforma Madia (L.124/15). Per fortuna non ha toccato la legge madre, per cui la modifica dei decreti attuativi ha un percorso più semplice, dovendo passare per i pareri obbligatori ma non vincolanti delle commissioni camerali, nonché di quello del Consiglio di Stato e con due approvazioni del Consiglio dei ministri, una preventiva e la seconda definitiva.
La Consulta ha fatto bene a bocciare i decreti legislativi perché non hanno ottemperato al disposto dell’articolo 117 della Costituzione, che prevede, nelle materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni, una apposita delibera, mentre i decreti citati sono stati approvati con un semplice parere: una ingenuità o una volontà di affossare la riforma?
A noi sembra più probabile la seconda ipotesi, perché riteniamo che gli elaboratori dei ddl siano persone competenti ma non in buona fede: inseriscono una norma fatta in modo che la Consulta debba necessariamente bocciarla. E ciò per ritardare il più possibile le riforme in modo da continuare a usufruire degli innumerevoli privilegi la cui abolizione vedono con odio.

In questo quadro non sorprenda il positivo atteggiamento del Mercato di fronte alla bocciatura della riforma costituzionale del 4 dicembre da parte del popolo. I titoli azionari italiani hanno guadagnato quasi l’8% in pochi giorni, lo spread è diminuito di oltre 20 punti: quasi che il sistema economico si sia rallegrato della mancata approvazione delle riforme strutturali. Questo fatto non sembra spiegabile, perché il Mercato ha bisogno che tutto funzioni meglio e non peggio come ora.
Ma spesso le ragioni di questo incomprensibile (apparentemente) comportamento sono ragioni internazionali che muovono gli investitori del mondo secondo logiche spesso avulse da quelle nazionali.
Smettiamola di chiamare gli investitori con l’appellativo spregiativo di speculatori. Chi investe deve produrre dividendi e non chiacchiere come fanno politici e burocrati. Rispettiamo gli investitori e... attiriamoli!

Carlo Alberto Tregua

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