Aggiungendo: “Disporsi supplemento istruttorio al fine di quantificare il contenzioso passivo della Regione Siciliana, che comporta soccombenza; quantificare il rischio dei derivati; verificare i bilanci delle partecipate; analizzare i residui attivi e passivi per anno di provenienza; valutare le anticipazioni di liquidità”.
Il giudizio è pesante e arriva per la prima volta in settant’anni di bilanci. Nonostante i miracoli del bravo assessore all’Economia, Alessandro Baccei, la situazione finanziaria si è ulteriormente degradata, anche a dispetto delle alte addizionali fiscali e della diminuzione della spesa per investimenti, locomotrice dello sviluppo.
Il Pil nel 2016 è retrocesso di dodici punti percentuali rispetto all’epoca pre crisi. Cinque in più della media nazionale. La spesa per investimenti si è quasi azzerata; le entrate accertate sono diminuite da 21,947 a 21,235 miliardi, mentre le spese impegnate sono aumentate da 19,432 a 21,051 miliardi.
Altra nota dolente riguarda il personale regionale. Al 31/12/2016 dipendenti e dirigenti a tempo determinato e indeterminato erano 18.075 unità, cui bisogna aggiungere circa 7 mila unità dei dipendenti delle partecipate, nonché quasi 50 mila unità della sanità e altri sparsi sotto varie sigle. Con la conseguenza che la spesa per il personale, nonostante la sua leggera riduzione numerica, aumenta. Di fronte a questo quadro drammatico, il sindacato si permette il lusso di chiedere l’apertura di una trattativa per gli aumenti degli stipendi.
Sulle pensioni, Zingale è stato preciso: la Regione spende 610 milioni per erogare gli assegni e gira 16 milioni al Fondo di pertinenza, il quale, come Ente autonomo, andrà a regime non si sa fra quante decine di anni. Tra l’altro, tale Fondo dovrebbe assorbire tutta una serie di immobili della Regione che, messi a reddito, dovrebbero rimpinguare la riserva matematica, cioè il capitale che dovrà pagare le future pensioni, con un rendimento teorico non inferiore al 3%.
“Gravità assoluta nell’ottica di una reale trasparenza della spesa pubblica”, scrive Zingale, il fatto che la Regione siciliana “non abbia proceduto al consolidamento dei costi del personale del perimetro pubblico allargato, includendo anche la galassia delle società partecipate”.
Il debito di finanziamento della Regione, al 31/12/2016, era di 8,035 miliardi. E a esso va aggiunta la perdita dei contratti derivati, non ancora quantificata. La Regione non ha predisposto un sufficiente fondo di riserva finalizzato a limitare gli esborsi futuri.
Nella sanità, la spesa è stata di 9,494 miliardi di euro, pari al 57% della spesa complessiva della Regione. Ma di essa solo 690 milioni sono andati all’assistenza ospedaliera convenzionata, 439 milioni all’assistenza specialistica convenzionata, 702 milioni alla spesa farmaceutica.
Non si capisce perché, a parità di Drg (Diagnosis related groups) si debbano privilegiare le prestazioni di Aziende provinciali e Aziende ospedaliere, anche se la sanità privata offre servizi di migliore qualità. Sarebbe sufficiente una task force non composta da siciliani, che verificasse la qualità dei servizi sanitari prestati dal pubblico e dal privato, per selezionare chi abbia merito.
Sul Rendiconto della Regione siciliana viene sottolineata la sfida dell’armonizzazione dei sistemi contabili, per cassa e per competenza, che elimina il malvezzo dei cosiddetti debiti fuori bilancio. Ma in esso non risultano istituiti il Fondo Rischi spese legali, il Fondo Passività potenziali e il Fondo Perdite partecipate.
“Vi è una vera e propria irregolarità nel rendiconto, in quanto è stata omessa una valutazione imposta dalla legge...”.
La requisitoria del procuratore Zingale ha certificato le bugie di Crocetta. Chiaro, trasparente, luminoso!
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