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Sulla sanità siciliana sta per piovere mezzo miliardo di euro

Sulla sanità siciliana sta per piovere mezzo miliardo di euro

Sulla sanità siciliana sta per piovere mezzo miliardo di euro

A tanto ammonta il valore delle gare che Invitalia, l’agenzia del ministero dell’Economia, ha bandito per conto delle aziende sanitarie siciliane per la realizzazione degli ospedali e delle case di comunità, e per alcuni interventi di adeguamento sismico di ospedali già esistenti. 500 milioni di euro per 211 interventi sparsi in tutte e nove le province da realizzare nell’ambito della Missione 6 del Pnrr. Sulla carta è la rivoluzione che la sanità attende da anni: la totale riorganizzazione della medicina del territorio; luoghi dove i cittadini, soprattutto quelli con patologie croniche, possano essere seguiti da medici di base, infermieri e professionisti ambulatoriali. Un filtro necessario per sgravare i pronto soccorso – presi d’assalto e carenti di personale – da tutti quei casi che non avrebbero necessità di finire in ospedale. Tuttavia, se le risorse per le infrastrutture ci sono grazie all’Europa, la vera sfida adesso è riempirle.

Gli infermieri: “Poco personale, così non funzioneranno”

“Realizzare la struttura è la cosa più semplice, il difficile è l’organizzazione”. A parlare è Salvatore Vaccaro, catanese che siede nella direzione nazionale del sindacato degli infermieri Nursind. “Siamo molto preoccupati perché su questo aspetto siamo in tremendo ritardo – spiega – C’è un enorme problema di personale. Se guardiamo alla situazione attuale, le case di comunità non potranno mai funzionare”. L’infermiere e il medico di base sono le due figure chiave della rivoluzione della sanità territoriale. Nelle case di comunità più grandi, chiamate hub (qui abbiamo spiegato cosa sono e come dovrebbero funzionare, e la differenza con gli ospedali di comunità), serviranno dai 7 agli 11 infermieri per garantire una presenza 12 ore al giorno, 7 giorni su 7, mentre i medici di base dovranno essere presenti h24 – 7 giorni su 7. Nelle case di comunità spoke, quelle più piccole, la presenza medica e infermieristica sarà di 12 ore – 6 giorni su 7 (lunedì-sabato).

“Serviranno duemila infermieri”

I conti sono presto fatti. “Tra case di comunità e ospedali di comunità – ragiona Vaccaro – in Sicilia serviranno duemila infermieri”. Secondo il sindacato Nursind, già oggi negli ospedali dell’isola mancano tremila infermieri. Stando ai calcoli della Regione siciliana, invece, il fabbisogno mancante corrisponde alla metà, circa 1.500. “Ma è un conto al ribasso basato su criteri economici – continua Vaccaro – se guardiamo agli indici Ocse di infermieri ne mancherebbero addirittura 5mila”. Insomma, tenendo presente il calcolo più rigido, all’appello mancherebbero comunque 3.500 infermieri. Il rischio è che il cittadino trovi delle belle strutture nuove, ma chiuse. Per venire incontro al problema, recentemente il governo nazionale nel Decreto energia ha tolto il vincolo di esclusività per gli infermieri dipendenti del sistema sanitario nazionale. Che potranno, in aggiunta al loro orario di lavoro previsto dai contratti, prestare un altro servizio per il pubblico o per il privato. “Questo sicuramente porterà un contributo alle nuove case della comunità, ma parliamo sempre di scelte volontarie dei singoli perché si tratta di lavoro aggiuntivo rispetto a quello, già pesante, che i colleghi svolgono negli ospedali. Se – aggiunge Vaccaro – non ci sarà uno sforzo economico delle azienda sanitarie per nuove assunzioni, le case e gli ospedali di comunità serviranno solo a fare ristrutturazioni edilizie e non saranno un reale cambiamento”.

Il ruolo dei medici di base

Chi invece avrà l’obbligo di prestare servizio nelle nuove strutture saranno i medici di base. Che però non sono, a differenza degli infermieri, dipendenti del sistema sanitario nazionale, ma rimarranno liberi professionisti convenzionati. Nel nuovo contratto della categoria, attualmente in discussione a Roma, dovrebbe essere inserita una quota di ore (si parla di almeno 6 ore su un monte complessivo che dovrebbe essere portato a 38) da spendere obbligatoriamente nelle Case di Comunità. Ma c’è di più. “La nuova rete della sanità territoriale è pensata per avere una copertura capillare – spiega Domenico Grimaldi, presidente della Federazione italiana medici di famiglia di Catania – noi dovremmo essere un po’ come i parroci o i carabinieri. Ma il sistema pubblico non riesce a garantire questa presenza sanitaria dappertutto”. Ecco perché per le case di comunità più piccole, quelle denominate spoke, sono previsti anche finanziamenti privati. “Significa che dove lo Stato non arriva, gruppi di professionisti formati da medici di medicina generale, infermieri, professionisti ambulatoriali, assistenti sociali hanno facoltà di legge di organizzarsi da soli, magari in cooperativa”, continua Grimaldi. Nei piccoli paesi, dunque, le case di comunità potrebbero essere gestite non dall’azienda sanitaria pubblica, ma da privati che investirebbero, ad esempio, in apparecchiature e strumentazione e con cui le singole figure sanitarie necessarie stipulerebbero dei contratti.

Le gare

Una situazione in divenire e cruciale per la sanità siciliana. Intanto Invitalia ha bandito le gare per 141 case di comunità, 40 ospedali di comunità e 30 interventi di adeguamento sismico di ospedali esistenti. Sono stati predisposti tre accordi quadro generali e divisi in tre lotti geografici: Palermo e Agrigento; Catania, Ragusa e Siracusa; Messina, Caltanissetta ed Enna. E il termine per la presentazione delle offerte è fissato per il 10 maggio 2023.

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