fbpx

Gli sbarchi non si sono mai fermati, l’integrazione è ancora un’utopia

Gli sbarchi non si sono mai fermati, l’integrazione è ancora un’utopia

Gli sbarchi non si sono mai fermati, l’integrazione è ancora un’utopia

Nel corso dell’ultimo anno la pandemia da Covid-19 e le sue conseguenze hanno attirato l’attenzione dei media, quasi cannibalizzando ogni altro tipo di argomento. La realtà, però, è che quanto sta accadendo dal punto di vista sanitario e sociale ha soltanto oscurato gli altri problemi. Questioni di cui non si è più parlato, ma che non per questo si sono risolte, anzi.

Basti pensare a un tema drammatico come quello dei migranti, che per mesi e mesi ha riempito pagine di giornali, telegiornali, siti web e quant’altro. Una questione che il Covid è sembrato aver spazzato via. Anche se, a ben vedere, la realtà è del tutto diversa.

A riaccendere i riflettori su questo argomento ci ha pensato, qualche giorno fa, il sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, il quale ha affermato chiaramente: “Qui a Lampedusa siamo preoccupati. La rotta Libica è sempre più attiva e non so cosa potrà succedere quando le condizioni del mare saranno ancora più favorevoli alla navigazione”.

In questo momento – ha aggiunto - la gestione della prima accoglienza è tutto sommato sotto controllo, anche perché con le navi quarantena predisposte dal ministero degli Interni si riesce ad alleggerire la pressione sull'hot spot. Ma nelle prossime settimane, quando i numeri cresceranno, cosa succederà? Se non si interviene sulle cause e sui Paesi di origine dei flussi migratori, continueremo a passare da un’emergenza all’altra”.

“Mi auguro che il governo Draghi – ha concluso il primo cittadino delle Pelagie - dedichi la massima attenzione ai tanti aspetti che riguardano le migrazioni, sia in Italia che in Europa. Servono azioni politiche e gestionali pianificate, serve un nuovo approccio all’intero fenomeno che porti a una migrazione ordinata, regolare e sicura e che al tempo stesso sostenga i territori di confine”.

L’Esecutivo nazionale per il momento appare in tutt’altre faccende affaccendato, tra vaccinazioni, Piano nazionale di ripresa e resilienza e quant’altro. Ma il timore è che, alle urgenze appena citata, presto si possa aggiungere anche quella degli sbarchi, anche perché i dati non lasciano affatto tranquilli. Come si evince dal Cruscotto statistico pubblicato dal ministero dell’Interno, al 12 marzo scorso il numero di migranti arrivato sulle coste italiane era pari a 5.996 contro i 2.610 dello stesso periodo del 2020 e addirittura i 335 del 2019.

Poi, c’è anche un altro aspetto da prendere in considerazione. Una volta verificati i requisiti di chi arriva nel nostro Paese, ed eventualmente accertati quelli per rimanere sul territorio italiano, occorre mettere in atto un processo di integrazione che ancora, in Sicilia, sembra essere tra i meno efficaci a livello nazionale. Quasi un paradosso per un luogo che si trova nel cuore del Mediterraneo, per secoli crocevia di popoli, che l’hanno plasmato, ognuno con la propria cultura, fino a renderlo ciò che è diventata oggi.

Con una storia del genere, si potrebbe pensare di trovarsi di fronte a uno dei luoghi più accoglienti del nostro Paese. Eppure, i dati dimostrano come il processo d’integrazione, debba fare ancora molti passi in avanti. I dati sull’incidenza della popolazione straniera su quella locale sono contenuti all’interno del rapporto della Fondazione Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale) dal titolo “I Comuni italiani 2021 - Numeri in tasca”. Nel documento, che prende in esame dati relativi al 2020, la Sicilia si piazza al terzultimo posto nazionale di questa particolare classifica: ad avere la residenza nel 390 Comuni dell’Isola sono infatti poco più di 200 mila persone, pari ad appena il 4 per cento della popolazione. Peggio fanno soltanto la Sardegna (poco meno di 56 mila stranieri, ovvero il 3,4% della popolazione) e la Puglia (140.564 soggetti, pari al 3,5 per cento dei residenti totali).

Il ruolo di Sicilia come terra di passaggio assume dunque una forza sempre maggiore, con gli stranieri che preferiscono orientarsi verso altre zone d’Italia per costruire il proprio futuro. Una conferma, in questo senso, arriva anche per ciò che riguarda i dati sui minori stranieri. Essi infatti rappresentano nell’Isola, rispetto ai minori totali, appena il 4,6 per cento. Un dato che rappresenta il quart’ultimo posto nazionale, visto che percentuali più basse si registrano soltanto in Campania (4,2 per cento), Puglia (4 per cento) e Sardegna (3,5 per cento).

Lo diciamo spesso qui sul QdS: i dati parlano. E in questo caso raccontano di una destinazione di passaggio anche in tema di migrazioni, un luogo in cui la prima accoglienza rischia di collassare a breve e in cui, per chi ha diritto a restare, non è semplice integrarsi.

Nel corso dell’ultimo anno la pandemia da Covid-19 e le sue conseguenze hanno attirato l’attenzione dei media, quasi cannibalizzando ogni altro tipo di argomento. La realtà, però, è che quanto sta accadendo dal punto di vista sanitario e sociale ha soltanto oscurato gli altri problemi. Questioni di cui non si è più parlato, ma che non per questo si sono risolte, anzi.

Basti pensare a un tema drammatico come quello dei migranti, che per mesi e mesi ha riempito pagine di giornali, telegiornali, siti web e quant’altro. Una questione che il Covid è sembrato aver spazzato via. Anche se, a ben vedere, la realtà è del tutto diversa.

A riaccendere i riflettori su questo argomento ci ha pensato, qualche giorno fa, il sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, il quale ha affermato chiaramente: “Qui a Lampedusa siamo preoccupati. La rotta Libica è sempre più attiva e non so cosa potrà succedere quando le condizioni del mare saranno ancora più favorevoli alla navigazione”.

In questo momento – ha aggiunto - la gestione della prima accoglienza è tutto sommato sotto controllo, anche perché con le navi quarantena predisposte dal ministero degli Interni si riesce ad alleggerire la pressione sull'hot spot. Ma nelle prossime settimane, quando i numeri cresceranno, cosa succederà? Se non si interviene sulle cause e sui Paesi di origine dei flussi migratori, continueremo a passare da un’emergenza all’altra”.

“Mi auguro che il governo Draghi – ha concluso il primo cittadino delle Pelagie - dedichi la massima attenzione ai tanti aspetti che riguardano le migrazioni, sia in Italia che in Europa. Servono azioni politiche e gestionali pianificate, serve un nuovo approccio all’intero fenomeno che porti a una migrazione ordinata, regolare e sicura e che al tempo stesso sostenga i territori di confine”.

L’Esecutivo nazionale per il momento appare in tutt’altre faccende affaccendato, tra vaccinazioni, Piano nazionale di ripresa e resilienza e quant’altro. Ma il timore è che, alle urgenze appena citata, presto si possa aggiungere anche quella degli sbarchi, anche perché i dati non lasciano affatto tranquilli. Come si evince dal Cruscotto statistico pubblicato dal ministero dell’Interno, al 12 marzo scorso il numero di migranti arrivato sulle coste italiane era pari a 5.996 contro i 2.610 dello stesso periodo del 2020 e addirittura i 335 del 2019.

Poi, c’è anche un altro aspetto da prendere in considerazione. Una volta verificati i requisiti di chi arriva nel nostro Paese, ed eventualmente accertati quelli per rimanere sul territorio italiano, occorre mettere in atto un processo di integrazione che ancora, in Sicilia, sembra essere tra i meno efficaci a livello nazionale. Quasi un paradosso per un luogo che si trova nel cuore del Mediterraneo, per secoli crocevia di popoli, che l’hanno plasmato, ognuno con la propria cultura, fino a renderlo ciò che è diventata oggi.

Con una storia del genere, si potrebbe pensare di trovarsi di fronte a uno dei luoghi più accoglienti del nostro Paese. Eppure, i dati dimostrano come il processo d’integrazione, debba fare ancora molti passi in avanti. I dati sull’incidenza della popolazione straniera su quella locale sono contenuti all’interno del rapporto della Fondazione Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale) dal titolo “I Comuni italiani 2021 - Numeri in tasca”. Nel documento, che prende in esame dati relativi al 2020, la Sicilia si piazza al terzultimo posto nazionale di questa particolare classifica: ad avere la residenza nel 390 Comuni dell’Isola sono infatti poco più di 200 mila persone, pari ad appena il 4 per cento della popolazione. Peggio fanno soltanto la Sardegna (poco meno di 56 mila stranieri, ovvero il 3,4% della popolazione) e la Puglia (140.564 soggetti, pari al 3,5 per cento dei residenti totali).

Il ruolo di Sicilia come terra di passaggio assume dunque una forza sempre maggiore, con gli stranieri che preferiscono orientarsi verso altre zone d’Italia per costruire il proprio futuro. Una conferma, in questo senso, arriva anche per ciò che riguarda i dati sui minori stranieri. Essi infatti rappresentano nell’Isola, rispetto ai minori totali, appena il 4,6 per cento. Un dato che rappresenta il quart’ultimo posto nazionale, visto che percentuali più basse si registrano soltanto in Campania (4,2 per cento), Puglia (4 per cento) e Sardegna (3,5 per cento).

Lo diciamo spesso qui sul QdS: i dati parlano. E in questo caso raccontano di una destinazione di passaggio anche in tema di migrazioni, un luogo in cui la prima accoglienza rischia di collassare a breve e in cui, per chi ha diritto a restare, non è semplice integrarsi.

Carmelo Lazzaro Danzuso

risuser

Lascia una risposta

Chiusi
Chiusi

Inserisci il tuo username o il tuo indirizzo email. Riceverai via email un link per creare una nuova password.

Chiusi

Chiusi