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Medicina non convenzionale, il rischio di affidarsi al “Dottor Google”

Medicina non convenzionale, il rischio di affidarsi al “Dottor Google”

Medicina non convenzionale, il rischio di affidarsi al “Dottor Google”

MESSINA - “Un’indagine della Ibsa Foundation ha rivelato che l’88% degli italiani, 9 su 10, di fronte ad un problema di salute cerca informazioni in rete, rivolgendosi al Dr. Google in primis, e di essi quasi la metà si affida alle prime pagine trovate dai motori di ricerca senza preoccuparsi dell'attendibilità delle fonti” – così esordisce Massimiliano Berretta, oncologo medico con ventennale esperienza presso l’Istituto Tumori di Aviano e adesso professore associato presso il Dipartimento di medicina clinica e sperimentale del Policlinico “Gaetano Martino” dell’Università degli Studi di Messina, intervistato in esclusiva per il Quotidiano di Sicilia. Tutto questo inoltre è il risultato del rapporto medico-paziente, che negli ultimi anni è stato deteriorato anche da scelte sanitarie non sempre lungimiranti.

“Anni fa, ho iniziato ad occuparmi degli aspetti della medicina non convenzionale – ha detto il medico - quando mi capitò di valutare una paziente oncologica arrivata in condizioni critiche e per tentare di curare la sua malattia. Purtroppo era troppo tardi perché a lungo, la paziente, si era affidata alle ‘cure’ di un ‘esperto’ in medicina alternativa e che la curava con il metodo Hamer, i fiori di Bach ed altri ‘approcci’ che non avevano alcun razionale clinico-scientifico. Le ‘cure alternative’ proposte, non solo non avevano portato alla guarigione della malattia ma non avevano neanche contrasto la progressione della stessa e allo stesso tempo avevano favorito il rapido scadimento delle condizioni cliniche generali. Il guru infatti aveva stabilito che per curare il cancro sarebbe stato meglio utilizzare forme di medicina non convenzionale, poco tossica ed efficace".

La Medicina alternativa e complementare

La Medicina alternativa e complementare, conosciuta con l’acronimo di Cam, comprende un'ampia gamma di prodotti (erbe, vitamine, minerali e probiotici) e pratiche mediche, sviluppate al di fuori della medicina convenzionale. Tali approcci vengono definiti alternativi quando si utilizzano al posto della medicina convenzionale e complementari quando si integrano con essa. L’approccio complementare è quello che rientra nella nuova concezione della cosiddetta medicina integrata. I pazienti affetti da patologie croniche e quelli oncologici in particolare hanno maggiori probabilità di ricorrere a queste cure durante il loro percorso terapeutico, sconoscendo spesso i potenziali effetti collaterali e il rischio di interazioni con le cure convenzionali.

Il “successo” prescrittivo delle Cam si basa sul fatto che le stesse vengono proposte come cure efficaci, poco tossiche, prodotti naturali che possono essere assunti per lunghi periodi di tempo a differenza delle cure convenzionali. È bene ricordare che spesso molti dei prodotti naturali prescritti mancano di un’adeguata sperimentazione clinica. Oggi le sostanze e le pratiche “terapeutiche” proposte all’interno della Cam sono le più svariate e spaziano dai cosiddetti prodotti biologici (Aloe, artemisia, eskuzul, fiori di Bach etc…) agli approcci psico-comportamentali (metodo di Hamer, meditazione, etc…) per arrivare ai lunghi digiuni proposti per “affamare” il cancro.

Miglioramento della qualità della vita

Alcuni di questi approcci, se adeguatamente valutati e successivamente prescritti, potrebbero essere di valido aiuto al paziente e soprattutto nell’ottica del miglioramento della qualità di vita. A tal proposito il National Cancer Institute americano ha valutato, attraverso l’analisi di studi clinici pubblicati, il corretto inquadramento di molte Cam e che nella maggior parte dei casi sono state inquadrate all’interno del “support treatment and quality of life”.

Tipici esempi di queste valutazioni sono: l’aloe, vera star tra le Cam di cui se ne fa un uso esagerato e che se assunta in modo scorretto può essere responsabile di gravi tossicità gastrointestinali; o l’erba di San Giovanni, assolutamente sconsigliata per l’elevato rischio di tossicità epatica. Per entrambe queste sostanze le evidenze clinico-scientifiche a supporto di un’attività anticancro sono tutt’altro che chiare.

Non si può parlare di terapie anticancro

Per altre sostanze o approcci esistono delle chiare evidenze a supporto di un valido ruolo nel migliorare le qualità di vita del paziente, come ad esempio l’agopuntura, lo yoga, la micoterapia e le diete modificate sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Anche in questo caso non si può e non si deve parlare di terapie anticancro ma di un approccio integrato.

“Per far chiarezza su molti di questi aspetti - ha aggiunto Berretta – nel 2017 ho coordinato uno studio prospettico multicentrico, che ha coinvolto cinque ospedali italiani e poco meno di 500 pazienti oncologici”. L'indagine consisteva in un questionario di quarantadue domande, rivolto a pazienti oncologici dai 18 anni in su e che al momento della valutazione dovevano essere in trattamento oncologico attivo o averlo sospeso da meno di 1 anno. L’arruolamento dei pazienti avveniva su base volontaria.

I dati ottenuti sono stati molto interessanti in quanto hanno dimostrato che circa la metà dei pazienti intervistati affermava di utilizzare o di aver utilizzato trattamenti non convenzionali al momento della diagnosi oncologica non conoscendo nella maggior parte dei casi (70% degli intervistati) il rischio di possibili tossicità o peggio ancora le potenziali interazioni farmacologiche con le cure oncologiche.

In circa il 70% degli intervistati l’uso di Cam si basava su un’autoprescrizione e la prima fonte di informazione sulle Cam erano la rete e i media, mentre l’ultima era il medico. Ulteriori analisi dimostravano che: il sesso femminile, l'istruzione superiore, la giovane età, lo stadio di malattia, il trattamento chemioterapico e l’effettuare le cure presso Centri di alta specializzazione rappresentavano un fattore favorente l’uso di Cam. I dati pubblicati, sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Oncotarget”, confermavano sostanzialmente quanto già evidenziato in altri studi simili e condotti in altre realtà sanitarie internazionali".

Alla luce di ciò è auspicabile che gli operatori sanitari esplorino l'uso delle Cam nei loro pazienti, cronici soprattutto, e con l’obiettivo di fornire un’adeguata informazione su questa tematica.

Altro dato preoccupante, evidenziato dalla letteratura scientifica sull’uso della Cam, è la mancata comunicazione di assunzione delle stesse al proprio medico di fiducia. Infatti, il paziente spesso non comunica al proprio medico di assumere tali trattamenti perché considerati “naturali” e come tali privi di tossicità. A tal proposito basti pensare al succo di pompelmo, potente antiossidante, in grado di inibire l’efficacia di molti farmaci oncologici e per tale motivo fortemente sconsigliato. La mancata comunicazione di assunzione di Cam dipende anche dalla scarsa conoscenza che molti specialisti hanno sull’argomento e di conseguenza il confronto viene considerato dagli stessi pazienti poco proficuo. Gli stessi pazienti riferiscono che la risposta che gli viene più frequentemente data, dinnanzi ad una loro richiesta di informazione sulle Cam è “lascia stare tutta roba inutile che non serve a nulla”.

Di fronte ad un paziente sempre più informato e desideroso di conoscere i diversi aspetti di un percorso terapeutico, è doveroso dare delle risposte adeguate e delle corrette informazioni all’interno di un percorso clinico che deve essere il più possibile discusso e condiviso.

Oggi, il concetto che sta emergendo è quello della medicina integrata e cioè mettere al centro il paziente e le sue necessità, senza perdere mai di vista quello che è l’obiettivo primario: la guarigione come miglior risultato auspicabile o la cura, nella malattia più avanzata. La medicina integrata, spesso in grado di migliorare la qualità di vita del paziente, riesce, in molti casi a rendere, più agevole un percorso terapeutico oncologico e di conseguenza permettere il completamento dello stesso.

“Da anni - ha puntualizzato il medico -, all’interno del gruppo di ricerca I.M.R.G. (Integrative Medicine Research Group), che vede la collaborazione di validi ricercatori e l’interazione tra diverse branche specialistiche, cerchiamo di diffondere il concetto della medicina integrata, attraverso sperimentazioni cliniche ed eventi formativi. Tali attività di ricerca integrata, che hanno riscontrato un notevole consenso all’interno della comunità scientifica e della collettività, ci ha permesso di divulgare un’informazione sempre più dettagliata e completa sulle Cam. Il nostro obiettivo è quello di rispondere alle sempre maggiori e diverse necessità dei pazienti e soprattutto veicolare in ambito scientifico un’informazione chiara, oggettiva ed imparziale. Come diceva Umberto Veronesi, uno dei padri della moderna oncologia, “Decidiamo liberamente solo quando abbiamo a disposizione le informazioni giuste”.

“Bisogna che i medici abbiamo maggiore conoscenza sull’argomento – ha concluso Massimiliano Berretta - e che venga recuperato il rapporto medico-paziente. È auspicabile che questo approccio integrato, che non riguarda soltanto i pazienti oncologici ma anche quelli affetti da malattie croniche costretti ad assumere terapie per lunghi periodi, venga sempre più proposto nelle realtà ospedaliere”.

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