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"Non fare le opere per non rubare"

"Non fare le opere per non rubare"

“Non fare le opere per non rubare”

Gli incapaci cercano sempre qualche scusa per non fare le cose: elencano le difficoltà che incontrano, spiegando come e perché non si possa fare. Non capiscono che così argomentando dimostrano soltanto la loro insufficienza nel realizzare alcunché, perché si soffermano sugli ostacoli e non concentrano la loro azione sulle soluzioni.
Si dirà che si tratta di possedere più o meno intelligenza e conoscenza, diversamente non si è in condizione di affrontare le difficoltà.
Nella classe politica, l’insufficienza e l’incapacità sono di casa: il clamoroso esempio della sindaca di Roma, Virginia Raggi, che ha rinunciato alle Olimpiadi “per non consentire ruberie o corruzione” è eclatante.
Si tratta di un’autentica idiozia. Chi vuol fare, deve farlo bene, con onestà e professionalità: così ruberie e corruzione non possono accedere alle opere da costruire. Quando i funzionari pubblici consentono ruberie e corruzione vanno licenziati.

Vi è un altro modo comune di pensare, nella Pubblica amministrazione: quello secondo cui non importa fare le cose, importa che le carte siano in regola, ma così non si fa nulla. Mentre la responsabilità dei dirigenti pubblici dovrebbe portarli a valutare, scegliere, decidere e agire. Un dirigente che rifiuta l’azione è una persona inutile.
L’Italia ha bisogno di un Piano straordinario di infrastrutture, di un Piano straordinario per la messa in sicurezza antisismica degli immobili, di un Piano straordinario per la riparazione idrogeologica del territorio. E' vero, solo per questi tre Piani ci vorrebbero alcune centinaia di miliardi. Dove prenderli? La risposta è ovvia: tagliare la spesa corrente, indebitarsi mediante emissione di Titoli di Stato ad hoc ed utilizzare tutti i fondi europei, statali e regionali disponibili.
Si metterebbe in moto una gigantesca macchina che farebbe crescere il Pil di alcuni punti l’anno, perché la ricchezza generata sarebbe notevole e con essa l’aumento cospicuo dei posti di lavoro.
A riguardo, non si capisce perché Governo e maggioranza non si orientino a dirottare i precari della Pubblica amministrazione (ex Province, Enti locali ecc) verso i cantieri così aperti, che li assorbirebbero, magari attraverso una corsia preferenziale.

La prospettiva di crescita deve essere vista nel suo insieme e non a segmenti o a sezioni, in modo da utilizzare al meglio tutti gli atout che possiede la politica.
Certo, i lavoratori pubblici dovrebbero essere disponibili a cambiare mestiere, a formarsi, a imparare come funziona un’organizzazione efficiente, che non consente perdite di tempo e che mira a obiettivi calendarizzati in tempi precisi.
Insomma, occorrerebbe un profondo cambiamento nel mondo del lavoro che avesse le stesse regole di efficienza ed efficacia sia nel settore pubblico che in quello privato, per cui, come accade nei Paesi più avanzati, dirigenti e lavoratori passano facilmente da un settore all’altro senza alcuna difficoltà, perché le regole sono le medesime.
L’organizzazione del lavoro è una cosa seria e professionale, non se ne può prescindere se si vogliono raggiungere risultati. Ma questo viene ignorato nel settore pubblico, ove lassismo e perdite di tempo sono correnti. Anche nel settore privato ci sono buchi nell’organizzazione, ma ogni azienda che non funziona incoccia nel mercato e dopo poco si autodistrugge per inefficienza.

Non fare le opere per evitare ruberie e corruzione. Si tratta di un’idiozia perché basta accentuare i controlli sui dirigenti che devono verificare le procedure: a campione, a saltare, sistematici, purché efficaci ed eseguiti da persone integerrime che non si fanno corrompere.
Basta con queste ignobili scuse per non fare. Ci vuole una classe dirigente, politica e burocratica - non importa se formata da giovani o anziani, da uomini o da donne - composta da persone oneste e capaci, che facciano funzionare tutti i meccanismi in maniera sufficiente e ottengano risultati senza dei quali qualunque lavoro è privo di significato.
Perché ciò accada è necessario il rispetto delle regole etiche, secondo le quali deve sempre prevalere l’interesse generale su quello privato, ognuno deve ricevere per quanto da, ogni capacità deve essere remunerata per le sue realizzazioni.
Regole semplici a enunciarsi, più difficili da osservarsi con puntualità e onore. Ma non c’è alternativa.

Carlo Alberto Tregua

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