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Centri estetici e spostamenti, facciamo chiarezza sul caos normativo

Centri estetici e spostamenti, facciamo chiarezza sul caos normativo

Centri estetici e spostamenti, facciamo chiarezza sul caos normativo

di Maria Francesca Fisichella -

PALERMO - Sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri nella sezione Faq sulle misure adottate dal Governo, sotto la voce “Spostamenti” si trova il seguente quesito: “Posso fare la spesa in un Comune diverso da quello in cui abito?”. Si legge quanto segue: “Gli spostamenti verso Comuni diversi da quello in cui si abita sono vietati, salvo che per specifiche esigenze o necessità. Fare la spesa rientra sempre fra le cause giustificative degli spostamenti. Laddove quindi il proprio Comune non disponga di punti vendita o nel caso in cui un Comune contiguo al proprio presenti una disponibilità, anche in termini di maggiore convenienza economica, di punti vendita necessari alle proprie esigenze, lo spostamento è consentito, entro tali limiti, che dovranno essere autocertificati”. Ciò è quanto riportato all’art. 2 comma 4 - lettera b, del Dpcm del 3 novembre 2020.

Da qui la riflessione e la richiesta di chiarimenti da parte della presidente nazionale Confestetica, Angelica Pippo. Posto che “I servizi dell’estetista sono unici, specialistici, personalizzati e non ripetibili da nessun’altro, in quanto ogni estetista ha la sua specializzazione, le sue tecnologie previste dal Decreto 206/2015”, secondo la presidente tali servizi sono da ritenersi sempre da consentire, osservando inoltre che gli spostamenti per situazioni di necessità sono sempre soggettivi, e per questo nessun accertatore può sindacare su quale trattamento/servizio il o la cliente stia andando a sottoporsi dalla propria estetista di fiducia, fuori comune.

Ma qual è la situazione in Sicilia e come stanno affrontando gli operatori di categoria le conseguenze alle restrizioni imposte dalla zona arancione in cui - al momento - si trova l’Isola? Lo abbiamo chiesto al delegato regionale Confestetica, Pierfrancesco Laudani.

“La situazione in Sicilia – spiega Laudani - come del resto in tutto lo Stivale, è davvero critica per il settore. Il lockdown di primavera, oltre a cagionare gravi perdite di fatturato nei quasi tre mesi di sospensione delle attività, ha poi costretto tutti gli operatori ad investire onerose cifre di denaro per l’adeguamento al protocollo anti-contagio. Il colpo di grazia inflitto dall’ultimo Dpcm, identificando la Sicilia come zona arancione, ha danneggiato ulteriormente”.

I clienti – prosegue Laudani – “sono confusi dalla regolamentazione degli spostamenti inter-comunali. In tal senso è doveroso chiarire che lo spostamento da Comune differente da quello di residenza è consentito per motivi di salute, lavoro e necessità. Il Decreto non specifica il grado di necessità. Pertanto la cura della persona e l’opportunità di poter usufruire di un trattamento di fiducia ed a un miglior prezzo rientra, autocertificandolo, fra le necessità come oltremodo chiarito nelle Faq del sito del Governo. Concetto che deve altresì essere chiaro agli accertatori, che verificano gli spostamenti nei posti di blocco”.

La situazione è ulteriormente complicata da un altro fenomeno: l’abusivismo. “Gli operatori regolari del settore – sottolinea Laudani - sono circa 80.000 (dato nazionale). Gli abusivi sono circa 120.000, ovvero coloro i quali senza titolo e rispetto delle regole eseguono trattamenti sul corpo delle persone direttamente al domicilio dei clienti violando normative, mettendo in pericolo la salute pubblica, aumentando intrinsecamente il rischio di contagio e ‘rubando’ la clientela agli operatori regolari. Ad oggi, in Sicilia, si stimano perdite di fatturato del settore fino all’80 per cento, e di ristori per il settore non si vede nemmeno l’ombra”.

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