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Dl Fisco, ancora un piccolo rinvio dei pagamento

Dl Fisco, ancora un piccolo rinvio dei pagamento

Dl Fisco, ancora un piccolo rinvio dei pagamento

Con il via libera delle Commissioni Finanze e Lavoro del Senato, riunite in maniera congiunta lo scorso 30 novembre, sono stati approvati gli emendamenti che costituiranno le norme fiscali della legge di conversione del Decreto Legge 146 del 21/10/2021 (Decreto Fisco/Lavoro).

Così come preannunciato da questo Quotidiano, è arrivata, seppure a tempo scaduto, la notizia della proroga dei pagamenti (in scadenza il 30 novembre scorso) delle somme a debito dei contribuenti per le otto rate derivanti da “rottamazione ter” e per le quattro del “saldo e stralcio”.

Una proroga la quale, nonostante le richieste di tanti che volevano la proroga fino all’anno prossimo, ma come era in realtà prevedibile a causa dei problemi di natura finanziaria, è stata di soli nove giorni.
La nuova scadenza, pertanto, è quella del 9 dicembre 2021 che, con la tolleranza di cinque giorni espressamente prevista dalla norma, consente di pagare fino a martedì 14 dicembre 2021.

Con la recente approvazione è stato pure aumentato da 150 a 180 giorni (un mese in più) il termine entro il quale vanno pagate le somme derivanti da cartelle a suo tempo sospese ed ora notificate nel periodo che va dal 1^ settembre 2021 al 31 dicembre 2021. Con il 1^ gennaio 2022, il termine tornerà ad essere, come al solito, di sessanta giorni.

Via libera anche alla sospensione dei termini, fino al 16 dicembre 2021, degli avvisi bonari scaduti dall’8 marzo al 31 maggio 2020, e non pagati entro il 16 settembre 2020 (16 dicembre 2020 in caso di rateizzazione della somma dovuta).

Un’ultima novità, tanto importante quanto discutibile, è quella che riguarda il divieto di impugnare l’estratto ruolo.
Tale documento, che secondo la giurisprudenza poteva essere oggetto di ricorso in quanto considerato rientrate tra gli atti “impugnabili” ai sensi dell’articolo 19 del D.Legislativo 546/92, ora potrà essere oggetto di ricorso in Commissione Tributaria esclusivamente qualora il contribuente dimostri che l’iscrizione a ruolo gli comporta pregiudizio per la partecipazione a gare di appalto, oppure gli impedisce la riscossione di crediti ventati verso la Pubblica Amministrazione.

Come già detto, non essendo l’estratto ruolo un atto espressamente indicato nel citato articolo 19, c’è stato bisogno della giurisprudenza per poterlo annoverare tra gli atti “ricorribili”. Una soluzione, per la verità, che era stata accolta in maniera molto positiva, atteso che, ricorrendo contro l’estratto ruolo, dichiarando – cioè – di non avere mai ricevuto la cartella di pagamento che dall’”estratto ruolo” risulta invece legalmente pervenuta al destinatario, si consentiva al debitore (presunto o effettivo) di contestare la pretesa fiscale dell’agente della riscossione, evitando di dovere fare i conti con gli atti esecutivi che inevitabilmente seguono la cartella non pagata.
Ora, però, non è più così. Tranne che nei casi ora espressamente previsti dalla nuova disposizione, l’estratto ruolo non può essere più contestato. E’ necessario attendere gli ulteriori atti di Agenzia Entrate Riscossione (gli atti esecutivi) per potere fare ricorso in Commissione Tributaria ed ottenere (qualora ce ne siano i presupposti) il riconoscimento (giudiziale) dell’inesistenza del titolo (la cartella) che giustifica la pretesa fiscale.

Questo, a quanto pare, a causa della grossa quantità dei ricorsi contro l’estratto ruolo (qualche volta anche abusando di questo strumento per motivi esclusivamente dilatori), anche nel periodo in cui, in assenza di notifiche di cartelle causa pandemia, il contenzioso da riscossione sarebbe dovuto essere quasi zero.

Una procedura più lunga e per questo non gradita, quella che tra poco sarà legge, perché limita in un certo qual modo il diritto alla difesa. Che non toglie, comunque, al debitore (presunto o reale) la facoltà di chiedere all’agente della riscossione l’annullamento del debito in autotutela, qualora le irregolarità evidenziate rendano nulla la pretesa e l’ufficio della riscossione, riconoscendo l’esistenza di motivi che giustifichino l’annullamento, sia disponibile a revocare la sua originaria richiesta.

Salvatore Forastieri

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