La sanatoria legata ai lavoratori domestici in Sicilia non sembra avere avuto un grande impatto. A confermarlo anche i vertici siciliani dell'Inps, attraverso cui si curano le pratiche relative proprio a queste regolarizzazioni introdotte dall’articolo 103 del decreto Rilancio (DL 34/2020), rivolto sia a lavoratori immigrati irregolari che a lavoratori italiani o comunitari.
Il problema sarebbe nella norma concepita dallo Stato e che prevede che il richiedente possa regolarizzare solo con un certo reddito: "I dati raccolti dall'osservatorio Domina e provenienti dal ministero dell’Interno - afferma in un'intervista esclusiva a Qds.it Orazio Fabio Basiricò, direttore regionale vicario dell'Inps siciliano - sembrano evidenziare, in effetti, un impatto contenuto della sanatoria in Sicilia. Non è da escludere che una barriera, in tal senso, possa essere stato il requisito reddituale piuttosto elevato imposto dalla normativa.
Infatti, il datore di lavoro, per richiedere l’emersione di un lavoratore domestico, ha dovuto dichiarare un imponibile non inferiore 20 mila euro (nucleo familiare monosoggettivo) o 27 mila euro (famiglia con più di un componente). È evidente che si tratta di livelli reddituali che, in un contesto come quello siciliano, acquistano un rilievo diverso rispetto a regioni più sviluppate".
I dati riguardano soltanto le domande transitate tramite lo sportello unico per l’immigrazione e parlano abbastanza chiaramente: nel 2019 i lavoratori domestici regolarmente assunti dalle famiglie in Sicilia sono stati 34.989, dato in forte calo dal 2012 (-12,7%), mentre le richieste di regolarizzazione sono state intorno alle 4 mila unità. Troppo poco se si considera che la Sicilia è tra le regioni che contano il maggior numero di questi tipi di lavoratori attivi nel confronto con molte altre regioni italiane.
Sulla base dei dati Istat e Inps arriva a 238 milioni di euro l'anno il costo affrontato dalle famiglie tra retribuzioni, contributi e tfr dovuti ai lavoratori. Oltretutto appare notevolmente bassa la retribuzione media annua per ogni lavoratore, segno che potrebbero essere stati assunti fittiziamente sulla base di un numero di ore inferiore rispetto a quelle effettive: appena 5.438 euro l'anno.
"Non è un mistero - aggiunge Basiricò - che il lavoro domestico sia un segmento a forte incidenza di lavoro nero, sia per le caratteristiche intrinseche della prestazione lavorativa, sia per le oggettive difficoltà a porre in essere efficaci azioni di contrasto, sulle quali comunque l’Inps mantiene sempre vigile l’attenzione, compatibilmente con le risorse ispettive disponibili. D’altro canto, va considerato che la domanda di lavoro domestico è indubbiamente più sostenuta nei contesti socio-economici caratterizzati da reddito medio più elevato e minore tasso di disoccupazione.
Questa chiave di lettura può aiutare a comprendere perché il dato siciliano, in rapporto alla popolazione (lavoratori domestici ogni 1.000 abitanti), risulti molto inferiore alla media nazionale, ma assolutamente omogeneo alle altre regioni del sud, come Puglia, Calabria o Campania. Viceversa, quasi tutte regioni del centro-nord mostrano una diffusione del lavoro domestico assai superiore".
Un’altra caratteristica della regolarizzazione in Sicilia, che pare emergere dai dati Domina, concerne la bassa incidenza del lavoro domestico rispetto al totale (appena il 52,6% rispetto alla media nazionale dell’85,2%). "Ricordiamo che la sanatoria - è la chiave di lettura del direttore regionale vicario dell'Inps siciliano - era rivolta sia al lavoro agricolo che a quello domestico. Questo fenomeno è da ricollegare al peso relativo ben differente che riveste il fenomeno del lavoro nero in agricoltura, vera piaga endemica dell’isola, rispetto alla generalità delle altre regioni. A conferma di ciò, anche qui si osservano valori più bassi della media in molte regioni del sud, mentre nell’Italia centrale e settentrionale la percentuale dei lavoratori domestici regolarizzati è vicina o superiore al 90% del totale".
Michele Giuliano
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