fbpx

Anci Sicilia, Paolo Amenta è il nuovo presidente

Anci Sicilia, Paolo Amenta è il nuovo presidente

Anci Sicilia, Paolo Amenta è il nuovo presidente

Paolo Amenta è il nuovo presidente dell’Anci Sicilia. Eletto all’unanimità nel corso della XII Assemblea Congressuale dell’Associazione [1], Amenta è il sindaco di Canicattini Bagni (Siracusa) e succede a Leoluca Orlando. Lo abbiamo intervistato.

Anci Sicilia, gli obiettivi del presidente Amenta

Presidente, innanzitutto complimenti per l’elezione. Quali sono i suoi obiettivi alla guida dell’Anci Sicilia?

“Innanzitutto mi impegnerò nella battaglia sulla questione Finanziaria. Bisogna migliorare la riscossione dei tributi locali nei Comuni siciliani, fare crescere le entrate nei bilanci e riportare i comuni ad approvare i bilanci stessi all’inizio di ogni anno per attuare una sana programmazione. Occorre mettere in atto il federalismo fiscale e stabilire i fabbisogni standard dei comuni siciliani per erogare i servizi.

C’è da risolvere la questione dei rifiuti: occorre un’impiantistica di prossimità che consenta ai comuni di accelerare nella differenziata e di conferire al giusto prezzo e non dobbiamo dimenticare la questione del sistema idrico integrato che riguarda le perdite nelle reti idriche nei vari comuni, le reti fognarie che in molti comuni mancano e poi c’è il dramma, nell’era della transizione ecologica, di un gran numero di depuratori, più di 400, che in Sicilia vanno messi a norma”.

Comuni in default, Amenta: "Problema è riscossione del tributo"

Possiamo approfondire la tematica sui bilanci che riguarda i Comuni a rischio default?

“Siccome il decreto legge 118 stabilisce che i comuni finanzino i servizi essenziali attraverso la riscossione dei tributi locali, se questi tributi non vengono riscossi, le nuove norme che regolano la contabilità dei comuni italiani e quindi anche siciliani, prevedono che all’interno dei bilanci vengano creati nuovi fondi a garanzia chiamati fondi di credito di dubbia esigibilità. Quindi il bilancio si squilibra senza che sia possibile rimediare. Occorre dunque lavorare per aumentare la riscossione in Sicilia e provare a trovare le condizioni per fare abbassare questi fondi a garanzia. Il problema è l’armonizzazione dei bilanci, ma se non si riesce a riscuotere il tributo locale nei territori c’è veramente il rischio di default. Proveremo, comunque, con l’aiuto di tutti, a creare condizioni per ripartire e fare ripartire i comuni dal punto di vista finanziario”.

Oltre a queste importanti problematiche che lei ha già citato, altre riguardano la disoccupazione, il caro-bollette, la pandemia non ancora debellata. In che modo pensate di farvi porta voci di queste emergenze davanti alle altre istituzioni?

“Sono tutti problemi che vanno affrontati istituendo un tavolo di discussione insieme alla Regione e allo Stato. Il caro-bollette che lei ha citato, ad esempio sta bucando i bilanci dei comuni. Sottolineo su tutte la decisione nazionale rifare una gara e di affidare i comuni in salvaguardia, che sono la maggior parte in Sicilia, stabilendo dei parametri, omega nello specifico, che gli stessi dovranno applicare e che sono dieci volte più grandi rispetto all’anno scorso ma soprattutto dieci volte più grandi rispetto ai parametri degli altri comuni italiani.

Entrando in salvaguardia, inoltre, aumenta in automatico del 30% il costo energetico, superando anche gli attuali costi e se il comune non paga entro venti giorni, viene consegnato alla società di riscossione che carica ancora di sanzioni il pagamento. Il problema del costo energetico va dunque affrontato e risolto al più presto, i comuni non sono aziende che producono utili ma erogano servizi pubblici essenziali che creano le condizioni per una gestione seria e concreta del territorio”.

Molti giovani purtroppo abbandonano la Sicilia. Da presidente dell’Anci ha in mente proposte per scongiurare ulteriori fenomeni migratori?

“I Comuni devono utilizzare bene i fondi della programmazione europea, 2021–2027, che copre tutti gli ambiti per un nuovo modello di sviluppo e soprattutto si lega ai finanziamenti del Pnrr. Da qui in avanti una pioggia di denaro si scaricherà sui territori siciliani e molte di queste risorse saranno utilizzate dai comuni per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, quindi la transizione digitale. Faremo transizione ecologica attraverso l’economia circolare e la transizione energetica. Si punterà, come punta il programma nazionale, sulla mobilità sostenibile, sulla formazione e la pubblica istruzione ma anche su inclusione sociale, lotta alla povertà e nuovi percorsi lavorativi per giovani e soprattutto donne.

Per quanto riguarda la pandemia, occorre dar vita alla sanità territoriale: sono stati stanziati dei fondi per fare nascere nei territori case di comunità, ospedali di comunità, centri di servizi integrati. Quindi, se i comuni gestiscono bene il flusso di denaro che arriverà tra la programmazione 2021–2027, l’applicazione del Pnrr e altri fondi nazionali, credo che si possa iniziare a invertire il trend e dare l’opportunità, non solo nella fase di programmazione, progettazione e realizzazione di cantieri ma anche costruendo finalmente questo nuovo modello di sviluppo in Sicilia che può realmente creare nuova occupazione soprattutto giovanile e femminile”.

Quale modello regionale virtuoso avete intenzione di seguire?

“Parlare di modelli virtuosi dopo la pandemia diventa complicato. Stiamo riorganizzando il sistema dei Comuni. Quando parlo di digitalizzazione e innovazione della pubblica amministrazione, di aprire una grande stagione di assunzioni di giovani e donne nella stessa PA, ovviamente professionisti preparati, significa accelerare, aumentare e migliorare la transizione ecologica e la gestione dell’energia, quindi transitare dal fossile al rinnovabile e poi come sappiamo dobbiamo lottare contro i cambiamenti climatici e il rischio idrogeologico. Tutta una serie di materie che, se studiate bene e incastrate l’una all’altra, tirano fuori un modello di gestione delle città importante e sostenibile”.

Il Governo Meloni sta portando avanti il progetto per l’autonomia differenziata. Il disegno di legge è stato da poco approvato dal Consiglio dei ministri. Quali timori ci sono per i Comuni siciliani?

“I timori riguardano il fatto che sono passati quasi tredici anni prima di potere discutere la Legge 42 del 2009 che regolamentava il federalismo fiscale, che poi s’incrocia con l’autonomia differenziata, perché la Sicilia è a statuto speciale. Solo ad ottobre 2021 si è iniziato a parlare di fabbisogni standard e io penso che in Sicilia non si possa nemmeno cominciare a parlare di autonomia differenziata su alcune materie. Settori come sanità e pubblica istruzione sono di competenza del Governo nazionale.

Essere Regione a statuto speciale ci ha portato a ritardare l’applicazione della 42 del 2009 e ciò ha comportato il ritardo nell’individuazione dei fabbisogni standard. Ad esempio: si è stabilito che in tutti i Comuni debba esserci un asilo nido e che tutti i bambini da 0 a 36 mesi, il 33% dei bimbi da 0 a 36 mesi, devono frequentarlo. Se non stabiliamo i fabbisogni standard, prima di applicare l’autonomia differenziata, se non stabiliamo i livelli essenziali nelle prestazioni e non stabiliamo la capacità fiscale di ogni territorio per finanziarli e non riusciamo ad avere certezza e contezza su quanti anni ci vogliono per raggiungere i livelli a cui potenzialmente sono arrivati gli altri Comuni nazionali, l’autonomia differenziata diventa complicata da applicare e diventa addirittura un suicidio perché è molto difficile abbandonare la spesa storica per passare a costi standard per bisogni standard, se prima concretamente non facciamo questo passaggio”.

risuser

Lascia una risposta

Chiusi
Chiusi

Inserisci il tuo username o il tuo indirizzo email. Riceverai via email un link per creare una nuova password.

Chiusi

Chiusi