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Consorzi di bonifica, si va verso un unico ente gestore

Consorzi di bonifica, si va verso un unico ente gestore

Consorzi di bonifica, si va verso un unico ente gestore

PALERMO - Quasi trent’anni perché la riforma dei Consorzi di bonifica diventasse un disegno di legge, finalmente trasmesso per l’esame dell’Ars dopo l’approvazione in commissione Attività produttive. “Dopo un lungo iter si è finalmente giunti a questo risultato – ha detto l’assessore regionale dell’Agricoltura, Toni Scilla - atteso da tempo da tutto il mondo agricolo siciliano”.

Il disegno di legge si compone di 42 articoli, e prevede la costituzione di un unico consorzio, articolato in quattro comprensori territoriali, con l’obiettivo di restituire agli agricoltori uno strumento efficiente attraverso, anzitutto, un aumento significativo della superficie irrigua, grazie a un capillare ammodernamento delle reti per le quali non si fanno investimenti da oltre un decennio e che potrà portare un incremento del reddito in agricoltura di circa un miliardo di euro.

La riforma vuole andare anche incontro alle difficoltà dei dipendenti, alcuni dei quali senza stipendio ormai da anni. La Regione, da una parte, si farà carico, con una procedura graduale nel tempo, di sanare tutti i debiti pregressi che ammontano a circa cento milioni di euro; dall’altra, la riforma prevede la razionalizzazione del personale, spesso non adeguatamente preparato per le mansioni che deve svolgere.

Una riforma semplice ed essenziale

La filosofia che ha ispirato la riforma è semplice ed essenziale: un’agricoltura competitiva non può fare a meno dell’irrigazione. Il disegno di legge punta, dunque, su uno sviluppo sostenibile in grado di assicurare risparmio idrico per fronteggiare l’allungamento della stagione irrigua. Dal punto di vista amministrativo, prevarrà il principio della giustizia impositiva che fa scaturire l’obbligo del tributo solamente dall’acqua e dai servizi effettivamente ricevuti, così come ha sancito la Corte costituzionale.

Il modello organizzativo sarà snello, ispirato ai principi di economicità ed efficienza, con gli agricoltori che avranno la piena responsabilità della gestione sotto la vigilanza della Regione. Quanto ancora ci vorrà perché la riforma diventi legge, non è dato sapere, mentre il carrozzone che i consorzi si portano dietro è rimasto invariato negli anni: un “esercito” di più di 2 mila persone, tra tempo indeterminato, precari e stagionali, i quali costano circa 73,2 milioni di euro l’anno. E in mezzo al marasma burocratico, il lavoro da fare rimane indietro, e il fatto che tra condotte colabrodo e altre problematiche tecniche oggi si riescono ad irrigare appena 61 mila ettari dei 176 potenziali.

Già nel 2018 erano state presentate delle ulteriori proposte di modifica da apportare alla legge al fine di migliorarne la funzionalità dei consorzi, rappresentando, in particolare, l’esperienza della Cooperativa “Consorzio irriguo Jato”, che ha gestito la distribuzione dell’acqua nel comprensorio irriguo per oltre 30 anni. Il ‘modello’ democratico di gestione che fu della Cooperativa è stato proposto quale uno degli strumenti della nuova legge attraverso il quale distribuire l’acqua nei grandi comprensori irrigui della Sicilia.

I due consorzi introdotti dal precedente governo regionale saranno soppressi e posti in liquidazione non appena questa legge entrerà in vigore. Da quel momento, come ha già preannunciato a suo tempo il presidente della Regione Nello Musumeci, verranno consegnati i consorzi agli agricoltori “che sono i naturali destinatari, con la garanzia di continuità del lavoro ai 2 mila dipendenti, rendendo produttive anche le aree interne con il pagamento dei creditori”.

L’obiettivo dichiarato dal governo regionale è quello di mettere così la parola fine a una vicenda dolorosa che ha fatto, di un ente immaginato per lo sviluppo dell’agricoltura, un grande carrozzone. “Mi auguro che il Parlamento non stravolga l’impianto della legge” aveva detto Musumeci.

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