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Contratti pubblici senza produttività

Contratti pubblici senza produttività

Contratti pubblici senza produttività

Governo e sindacati, rappresentanti e pubblici dipendenti (3,2mln), hanno firmato l’accordo di massima, il venerdì antecedente il referendum, con il quale il Governo ha promesso di stanziare 5 miliardi in tre anni (2017-18-19) per un aumento medio di 85 euro pro capite.
Dalla prossima settimana verranno iniziate le trattative perdefinire le modalità di questo accordo preliminare. Esso non è stato determinante per avere i voti necessari alla conferma della riforma costituzionale sottoposta a referendum.
L’accordo è generico, ma dalle prime notizie non sembra che fra i requisiti essenziali vi sia quello relativo alla produttività dei servizi pubblici e al miglioramento della loro qualità.
Invece, la produttività è un punto nodale, perché quando tutti si scagliano contro la burocrazia, dimenticano che essa funziona male perché non vi è efficienza né efficacia, con una produttività quasi del tutto assente.

Che cos’è la produttività di cui tutti parlano, ma pochi hanno contezza? È il miglior risultato rispetto ai costi impiegati, che si ottiene attraverso il miglioramento dei metodi organizzativi, inserendo continue innovazioni, combinando in modo sempre più efficiente i fattori del lavoro e facendo investimenti in tecnologie. Tutto ciò si traduce, oltre che in un miglioramento dei risultati, anche in una riduzione dei costi, conseguente alla razionalizzazione del lavoro.

Quanto precede, qualcuno malamente obietta, riguarderebbe il mondo del settore privato. Sbaglia. Perché il buon funzionamento dei servizi è conseguente alla produttività ed è propria anche di tutto il settore pubblico. Ovviamente, ciò si ottiene se sono presenti nell’organizzazione del lavoro i valori di merito e responsabilità, secondo i quali vi è una continua competizione fra tutti a fare di più e a fare meglio. Guai a chi si dimentica degli elementi prima indicati.

Il guaio più grosso è quando i valori indicati sono del tutto ignorati perché il funzionamento non è basato su chi è più bravo,ma su chi è più fedele, su chi è più raccomandato, su chi traffica di più e, in fondo, su chi è più capace di corrompere o accetta di essere corrotto.

Il Governo aveva fretta di chiudere l’accordo coni sindacati tanto che, alla cifra iniziale indicata in 200 milioni l’anno, si è passati a quella finale di 5 miliardi nel triennio. O era sbagliata la prima ipotesi o errata la seconda. Insomma un gioco fra le parti con le carte truccate perché non si può passare da un minimo a un massimo con l’enorme differenza prima indicata.

Non sappiamo se la trattativa che partirà nelle prossime settimane inserirà il fattore della produttività, che comporta una profonda riorganizzazione dei servizi, contestuale ad una semplificazione delle procedure e dei regolamenti, per evitare i passaggi multipli dei documenti e la mancata applicazione della norma.
Questa prevede che qualunque documento che possa essere attinto presso le altre amministrazioni, non possa essere richiesto a cittadini e imprese. Ma questa tassativa disposizione è ignorata sovente, con la conseguenza che cittadini e imprese sono ancora vessati perché costretti a fornire i documenti richiesti da quelle amministrazioni che dovrebbe chiederli alle consorelle.

Un parametro che misura la produttività dei servizi pubblici è, per esempio, il numero dei fascicoli evasi o di provvedimenti amministrativi richiesti o di evasione, in un certo tempo, di pratiche infra-amministrazioni. Insomma indici numerici in rapporto al numero dei dipendenti. Più sono i risultati e più vi è dimostrazione di efficienza da parte di quel settore che li ha prodotti.

Altri parametri di efficienza riguardano i costi per unità di lavoro, relativi ai metri quadrati occupati, all’energia consumata, alle spese generali e particolari: tutto ciò in modo da parametrare i costi e su di essi i servizi prodotti.

Ecco che cosa manca nel nuovo contratto: l’inserimento degli indici di efficienza e la misurazione dei risultati. Manca anche l’obbligo di stesura dei cronoprogrammi: quella sorta di binario che prevede tempi precisi ragguagliati agli obiettivi che si intendono raggiungere. Tutto ciò è chiaro, ma non nella testa di chi dovrebbe dirigere la Pubblica amministrazione come un’orchestra, in totale sintonia. Oppure stona. Come accade ora!

Carlo Alberto Tregua

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