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Fabbisogni standard questi sconosciuti

Fabbisogni standard questi sconosciuti

Fabbisogni standard questi sconosciuti

La Legge delega 42/2009 ha stabilito per gli Enti locali l’uniformazione di costi standard e fabbisogni standard. Ovviamente, i primi vanno determinati in anticipo, in modo che i secondi ne siano la copertura.
Lo scopo della legge è quello di creare dei binari per Province o Libero Consorzi, Città Metropolitane e Comuni, in modo tale da evitare che per unità di servizio vi siano costi diversi.
Unità di servizio significa le diverse voci delle uscite dei bilanci, in rapporto alla popolazione, alla superficie del territorio e ad altri parametri. Scopo della legge è quello di rendere efficienti le spese degli Enti intermedi, in modo da ottenere il miglior rapporto possibile fra esse e i risultati che dovrebbero produrre.
Sono passati circa otto anni e ancora l’iniziativa è all’alba. Con successivo Dlgs (216/2010) il Governo ha chiesto agli Enti locali delle Regioni a statuto ordinario l’elenco dei loro costi standard, in modo da mettere insieme queste informazioni e compilare una sorta di listino sul modello Consip.

Ricordiamo l’azione positiva che ha esercitato la Consip Spa, interamente controllata dal Mef, e cioè avere calmierato i prezzi di acquisto di beni e servizi da parte delle Pubbliche amministrazioni e di essersi posta essa stessa come Ente intermedio per gli acquisti, tanto che dichiara un valore della produzione di 41 milioni (anno 2015). Con la conseguenza che vi è stata anche un’armonizzazione dei prezzi, per cui un oggetto o un servizio costerebbe ugualmente se comprato a Brescia piuttosto che a Reggio Calabria.
La legge in esame prevede un’armonizzazione analoga per quanto riguarda i costi degli Enti locali, che quindi dovrebbero essere conformi in tutta Italia.
No, non in tutta Italia, ma cioè solo nelle 15 regioni a Statuto ordinario, perché quelle a Statuto speciale restano immuni a un tentativo di imbrigliare i costi, per cui ognuna va per conto proprio e genera quello stridente contrasto di medesime voci di costi con differenze notevoli da una regione all’altra. Su di esse, la Legge delega e il Dlgs citati, nonché qualunque successivo provvedimento, non hanno alcun effetto.

Ciò non toglie, però, che le Regioni a Statuto speciale potrebbero, per loro iniziativa, recepire le Leggi nazionali o approvare una norma fotocopia. Ma non lo fanno per continuare a foraggiare i privilegiati e far aumentare i costi ben al di sopra di quelli standard.
C’è da dire, inoltre, che meno della metà degli Enti locali delle regioni ordinarie ha risposto alla raccolta di dati del Mef e ciò perché anch’essi hanno tremenda paura di scoprire gli altarini e cioè i costi al di sopra di quelli standard.
Ovviamente, la Sicilia si è ben guardata dall’approvare una legge in materia, che costituirebbe una sorta di camicia di forza delle proprie uscite, con la conseguenza che non sarebbero più consentiti i privilegi che albergano nei bilanci degli Enti locali, che hanno refluenza su quelli di Regione e Stato perché più sono i costi e più trasferimenti dovrebbero arrivare.

Con una successiva inchiesta, cercheremo di delineare il quadro di riferimento e le eventuali iniziative che la Regione siciliana intenda attuare per capire quali siano i costi standard dei 390 Comuni siciliani, nonché delle tre Città Metropolitane e dei futuri nascenti Liberi Consorzi.
Perché è necessario determinare i costi standard? Lo abbiamo già scritto: perché in tal modo possono essere quantificati i fabbisogni standard, cioè le entrate che devono finanziare le uscite. Come è noto, sempre la legge 42/2009 ha introdotto nella contabilità degli Enti locali, compresa quella delle Regioni a statuto speciale, il principio di competenza, che rappresenta un filtro rispetto a entrate e uscite che si registrano con il metodo del principio di cassa, con la conseguenza che non si verificheranno più i cosiddetti debiti fuori bilancio.
Razionalizzare l’amministrazione degli Enti locali, fissare quali siano i costi indispensabili, seppur ridotti all’osso, determinare le entrate necessarie a sopperire tali costi, cioè i fabbisogni, è un modello che stenta ad entrare negli Enti locali, dove l’inefficienza regna sovrana.
Ma è necessario che si vada verso questo traguardo, il quale però non è alle viste.

Carlo Alberto Tregua

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