Tagliare di oltre un quarto il rischio di ricadute in pazienti con cancro al seno iniziale ad alto rischio. E’ la promessa di abemaciclib, molecola sviluppata e prodotta da Eli Lilly, che in combinazione con la terapiaendocrina adiuvante standard (Et) riduce del 25,3% il rischio di recidiva rispetto alla sola Et in pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale ad alto rischio di ricadute, positivo al recettore ormonale (Hr+) e negativo al recettore del fattore di crescita epidermico umano (Her2-). Un “beneficio statisticamente significativo presente in tutti i sottogruppi di pazienti”, che corrisponde a “un miglioramento del 3,5% nel tasso di sopravvivenza libera da malattia invasiva (Idfs) a 2 anni”.
I dati sono stati presentati al Presidential Symposium del Congresso virtuale 2020 della European Society for Medical Oncology (Esmo), e contemporaneamente pubblicati sul ‘Journal of Clinical Oncology’. Sono i risultati di un’analisi ad interim pre-pianificata -spiega una nota - condotta quando nella popolazione totale dello studio erano stati osservati 323 eventi Idfs, di cui 136 nel gruppo trattato con abemaciclib e 187 fra i controlli. L’aggiunta di abemaciclib alla terapia endocrina ha comportato anche una riduzione clinicamente significativa del 28,3% del rischio di ricadute di malattia a distanza (Drfs), ovvero dello sviluppo di malattia metastatica. Il follow-up mediano è stato di circa 15,5 mesi in entrambi i gruppi e la durata mediana del trattamento con abemaciclib di 14 mesi. Al momento dell’analisi, circa il 70% dei pazienti in ciascun gruppo era ancora nel periodo di trattamento previsto di 2 anni. I dati di sicurezza dello studio denominato ‘monarchE’ sono coerenti con il profilo di tollerabilità noto di abemaciclib, già impiegato in pazienti con carcinoma al seno metastatico, e non sono stati osservati nuovi eventi avversi. “Questi dati costituiscono una novità decisiva per le persone con un carcinoma mammario in fase iniziale Hr+/Her2- ad alto rischio, pari a circa il 20-30% dei 53.500 casi di tumore al seno che si registrano ogni anno in Italia: potenzialmente si tratta di uno dei più importanti progressi nel trattamento di questa popolazione di pazientinegli ultimi 2 decenni”, afferma Valentina Guarneri, professore associato di Oncologia medica presso l’università di Padova-Istituto oncologico veneto (Iov).
Lo studio monarchE ha randomizzato 5.637 pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale Hr+/Her2- ad alto rischio in più di 600 centri di 38 Paesi. I pazienti sono stati trattati per 2 anni o fino a soddisfare i criteri per l’interruzione. Dopo il periodo di trattamento, tutti i pazienti continueranno l’Et per 5-10 anni, come clinicamente indicato. “Fino al 30% delle persone con carcinoma mammario in fase iniziale Hr+ può avere una recidiva: questi dati sono perciò molto incoraggianti, soprattutto perché lo studio ha incluso uomini e donne sia in pre che in post-menopausa”. E’ ancora presto per i risultati sulla sopravvivenza globale - si legge nella nota - e monarchE continuerà fino alla data di completamento, stimata per giugno 2027
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