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Il 60% dei pazienti è ancora sintomatico a 2 mesi dalle dimissioni

Il 60% dei pazienti è ancora sintomatico a 2 mesi dalle dimissioni

Il 60% dei pazienti è ancora sintomatico a 2 mesi dalle dimissioni

Nel 60% dei casi i pazienti con Covid a due mesi dalla dimissione sono ancora sintomatici, percentuale che si riduce a 6 mesi ma che rimane comunque alta, il 40%.

I sintomi più frequenti

I sintomi più frequentemente riportati sono: fatica a respirare, debolezza e tosse, seguono dolore toracico, tachicardia, disturbi dell'equilibrio, nausea o febbricola. Lo attesta lo studio osservazionale "Spontaneous evolution of Covid-19 lung sequelae: results from a double step follow up" condotto dalla Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria dell'IRCCS Policlinico di Sant'Orsola diretta dal professore Stefano Nava, recentemente pubblicato sulla rivista internazionale "Respiration".

Lo studio sulla funzionalità respiratoria

Lo studio, volto a dare risposte ai pazienti dimessi con l'esigenza di follow up ambulatoriali prolungati nel tempo, ha riguardato 100 pazienti afferiti all'ambulatorio pneumologico specialistico "Post Covid" dopo il ricovero ospedaliero, avvenuto durante la prima ondata Covid-19. L'originalità di questo studio è legata al fatto che gli stessi pazienti sono stati rivalutati a due e a sei mesi dalla dimissione, mentre la maggior parte degli studi sul follow up ad oggi disponibili in letteratura riguardano una sola valutazione. A due mesi sono stati eseguiti visita, prove di funzionalità respiratoria, test del cammino dei sei minuti (per valutare la tolleranza e la saturazione sotto sforzo), ecografia polmonare e radiografia del torace. A sei mesi dalla dimissione la valutazione ha incluso anche una TC torace ad alta risoluzione, al fine di indagare l'evoluzione radiologica della polmonite da Covid-19.

Le prove di funzionalità respiratoria dello studio individuano un miglioramento significativo della funzionalità polmonare da due a sei mesi, con l'86% dei pazienti che mostrano una spirometria nella norma a sei mesi dalla dimissione. L'esame funzionale che più spesso si rivela alterato a sei mesi è la diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO), un test che misura la capacità della membrana alveolo capillare del polmone di scambiare l'ossigeno. Questa osservazione è giustificata dal fatto che la polmonite da Covid-19, essendo una polmonite interstiziale, va ad interessare proprio questa struttura polmonare, il cui recupero completo può richiedere anche più di sei mesi.

I test sui pazienti che hanno avuto una polmonite interstiziale

Il test del cammino dei sei minuti mostra che i pazienti che hanno avuto una polmonite interstiziale più severa in acuto, a due mesi dalla dimissione percorrono distanze inferiori e tendono ad avere una desaturazione maggiore sotto sforzo. Tali dati tendono comunque a migliorare nel tempo, lasciando intendere una progressiva ripresa della tolleranza allo sforzo; anche in assenza di un programma riabilitativo standardizzato.

Radiologicamente la maggior parte (64%) dei pazienti presenta, a due mesi dal ricovero, alterazioni all'RX torace; tuttavia, confrontando la TC torace eseguita durante il ricovero ospedaliero con quella condotta a sei mesi, si puo' notare una progressiva riduzione dell'estensione della malattia e della densità delle consolidazioni polmonari.

Ancora una volta, le TC torace che mostrano quadri più severi a sei mesi sono quelle dei pazienti che sono stati più gravi durante il ricovero. Solo il 26% delle TC a sei mesi sono completamente "ripulite": tuttavia, per sua natura, la polmonite interstiziale richiede molto tempo per risolversi radiologicamente, e come in tutte le polmoniti, la guarigione clinica precede quella radiologica.

L'analisi dei dati e la conclusione dello studio

In conclusione, per nessuno dei cento pazienti la malattia da SARS-COV-2 è stata una semplice "polmonite", anzi, ha creato profonde ferite, non solo del corpo, che lasceranno una cicatrice forse indelebile. Per quanto possa contare, la possibilità di essere accompagnati, nella ripresa dopo il ricovero, dal personale che li ha curati durante la fase acuta, è stato per molti pazienti un valore aggiunto dell'ambulatorio, che ad oggi segue più di 300 pazienti.

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