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Vaiolo delle scimmie, nessuna vaccinazione obbligatoria al momento

Vaiolo delle scimmie, nessuna vaccinazione obbligatoria al momento

Vaiolo delle scimmie, nessuna vaccinazione obbligatoria al momento

"Non possiamo dire alla popolazione 'da domani vi vacciniamo contro il vaiolo', perché vorrebbe dire che siamo di fronte ad una emergenza.

Si può valutare eventualmente una immunizzazione contro il vaiolo sugli operatori sanitari e su alcune categorie a rischio, se ce ne sono. Ma non è il momento di estendere vaccinazione. Aspettiamo come evolvono i casi e poi si deciderà".

Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, torna sulla possibilità di riprendere le vaccinazioni anti-vaiolo, visti i casi anche in Italia di vaiolo delle scimmie.

I casi di vaiolo delle scimmie in Italia

Ad oggi in Italia i casi di vaiolo delle scimmie sono quattro. L’ultimo paziente è stato riscontrato in Toscana [1], all’ospedale San Donato di Arezzo dove poi è stato ricoverato: si tratta di un uomo di 32 anni rientrato da un viaggio alle isole Canarie.

E dall’Oms arriva un innalzamento del livello dell'emergenza per i casi di vaiolo delle scimmie: "è corretto per una sensibilizzazione di tutto il mondo sanitario e medico nel mondo, se hai un caso sospetto devi saperlo riconoscere. Questo ci consentirà di individuare prima i contagi, isolarli e intervenire nel modo corretto".

I casi di vaiolo delle scimmie nel mondo

In tutto il mondo sono 92 i casi confermati e 28 quelli sospetti di vaiolo delle scimmie segnalati all’Organizzazione mondiale della Sanità da 12 Stati, tutti Paesi dove la malattia non è endemica: Italia, Australia, Belgio, Germania, Francia, Canada, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, Olanda e Stati Uniti. A questi si aggiungono due casi – uno confermato e uno sospetto – annunciati da Israele.

Cosa è il Vaiolo delle scimmie

Il vaiolo delle scimmie è una malattia virale causata dal Poxvirus che colpisce prevalentemente questi e altri animali selvatici, solo talvolta passa all'uomo.

La malattia virale non è nuova, conosciuta da oltre 60 anni e diffusa soprattutto nell'Africa centrale e occidentale, ma riguarda gli animali selvatici e solo occasionalmente infetta gli umani.

Generalmente non è pericolosa, ma in alcuni casi il tasso di mortalità è significativo: per la famiglia dell'Africa occidentale è di circa l'1%, mentre per quella del bacino del Congo può arrivare fino al 10%.

Si tratta di un virus del tutto simile a quello del vaiolo umano e infatti, la vaccinazione contro il vaiolo umano protegge anche contro questo virus. Peccato che il vaccino contro il vaiolo non sia più obbligatorio da molto tempo. Dopo l'Unità d'Italia, la vaccinazione antivaiolo fu resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888. L'obbligo è stato abolito in Italia nel 1981.

No alla vaccinazione obbligatoria

"Non avrebbe nessun senso tornare al vaccino anti vaioloso. Non serve ora. Credo che la faccenda possa essere gestita in maniera diversa. Il rapporto costo-beneficio non è tale da reintrodurre un vaccino che, tra l'altro, non è una passeggiata gratis: ha una serie di effetti collaterali. E il rischio di questi effetti, bilanciato al rischio di prendere l'infezione, mi fa dire che non vale assolutamente la pena di vaccinarsi". A dirlo, all'Adnkronos Salute, Massimo Galli, già direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano in merito all'utilità di reintrodurre la vaccinazione contro il vaiolo come protezione dal virus all'origine delle recenti infezioni segnalate nel mondo, e contro le quali sembrano avere una maggiore tutela le persone vaccinate.

Per Galli, invece, "è importante andare a vedere da dove questa infezione parte. E seguire con molta attenzione i contatti. In questo modo si dovrebbe chiudere la vicenda in un tempo ragionevole. Mi auguro davvero che sia così. Se non sfugge qualcosa, se le cose vengono fatte bene, non dovremmo avere grandi problemi se non un ulteriore monito sul fatto che la natura va maneggiata con cura. Dobbiamo moltiplicare le attenzioni sui rischi sanitari".

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