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Mantenimento,la moglie ha sempre diritto all'assegno divorzile?

Mantenimento,la moglie ha sempre diritto all'assegno divorzile?

Mantenimento,la moglie ha sempre diritto all’assegno divorzile?

Se, nell’immaginario collettivo, il matrimonio è visto come la tomba dell’amore, il divorzio potrebbe essere invece la tomba dello stipendio. Il più delle volte, infatti, il giudice addossa, a carico del coniuge con il reddito più alto, un assegno di mantenimento mensile in favore dell’ex che invece “non se la passa bene” economicamente. E se già uno stipendio è appena sufficiente a coprire le necessità di una famiglia, le cose non migliorano quando i nuclei si separano e diventano due. 

La Cassazione ha rivisto i principi cardine di questa materia. E, difatti, crescono sempre più i casi in cui le giovani mogli, anche se disoccupate, non riescono ad ottenere dal tribunale gli “alimenti”. 

L’assegno di mantenimento, come dice la parola stessa, è un contributo al mantenimento del coniuge che non ha sufficienti risorse economiche per vivere da solo. In pratica, il giudice, nel prevedere il versamento di un mantenimento dall’uno all’altro coniuge, andava ad eliminare ogni disparità economica tra i due, eguagliando le rispettive condizioni. 

In questo modo, si garantiva al coniuge col reddito più basso lo stesso tenore di vita che aveva quando ancora era sposato e poteva far affidamento sulle disponibilità economiche del partner. 

Mantenimento: cosa è cambiato nel tempo?

Con sentenza del 2017 , però, la Cassazione ha detto una cosa importantissima: il divorzio cancella definitivamente ogni legame tra i due coniugi. L’assegno di mantenimento che scatta quindi dopo il divorzio (che più propriamente si chiama “assegno divorzile) non può quindi diventare una forma di rendita vitalizia. 

Bisogna quindi recuperare la sua vera funzione: quella cioè di dare un contributo solo a chi se lo merita, a chi cioè, non per propria colpa, non è in grado di mantenersi da solo. 

La rivoluzione sta quindi in questo: se prima della riforma, il mantenimento andava ad equiparare i due redditi (per cui, più era alto il reddito di un coniuge, più era alto il mantenimento), oggi invece questo non avviene più e l’assegno si limita solo all’importo strettamente necessario per vivere una vita decorosa.

Inoltre,se in precedenza alla moglie bastava dimostrare di non avere uno stipendio o di avere un reddito molto più basso dell’uomo per essere mantenuta, oggi questo non è più sufficiente. La donna deve dimostrare di meritarsi il mantenimento. E ciò avviene sostanzialmente in quattro ipotesi:

  • quando le sue condizioni di salute non le danno la possibilità di lavorare;
  • quando l’età, sopra i 45/50 anni, non le permette di trovare agevolmente un’occupazione;
  • quando, nonostante la ricerca di un posto di lavoro, non sia riuscita a trovare un’occupazione;
  • quando, per tutta la durata del matrimonio, si è dedicata alla famiglia e ai figli, così perdendo ogni prospettiva di carriera, favorendo invece quella del marito che, così facendo, si è potuto arricchire. Il riferimento è palesemente rivolto alle donne che, d’accordo con l’uomo, hanno scelto di fare le casalinghe. 

Quindi, una donna disoccupata che tuttavia è giovane e ha ancora potenzialità lavorative non ottiene il mantenimento. Così come non lo ottiene la trentenne che non riesce a dimostrare di aver cercato un’occupazione, ad esempio inviando il curriculum, partecipando a bandi, iscrivendosi alle liste di collocamento. E c’è stato anche un giudice che ha escluso il diritto al mantenimento per la donna con un semplice part time perché non aveva dimostrato di aver prima richiesto al suo datore di lavoro la trasformazione del contratto in uno full time.

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