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Riforma e "controriforma", la buona scuola divide ancora

Riforma e "controriforma", la buona scuola divide ancora

Riforma e “controriforma”, la buona scuola divide ancora

Riforme della scuola e proteste di insegnanti e studenti. Cambia il governo e cambia la proposta di turno, ma negli anni le une sono diventate conseguenze delle altre. Colpa del fatto, probabilmente, che a mettere le mani sulle riforme è sempre chi della scuola conosce poco, mentre i docenti e i loro allievi non hanno voce in capitolo sulle questioni che li toccano da vicino. E per questo molti non rinunciano al diritto di scendere in piazza. Tra gli studenti qualcuno sceglie una linea più morbida, intraprendendo percorsi di consapevolezza in autogestione nelle scuole di Catania, mentre altri si impegnano a fianco dei docenti in assemblee e manifestazioni.

«Non si scende in piazza con la certezza che una riforma non verrà approvata, ma per manifestare il dissenso della comunità studentesca» - spiega Ludovica Intelisano, del coordinamento Universitario Catania, che ricorda quando contro la riforma Gelmini scesero in piazza 15 mila studenti catanesi. «Oggi i cortei non interessano l’intera comunità studentesca e molto dipende dalle fasce d’età – chiarisce – ma rimangono importanti come forma di protesta studentesca e momento di collettività delle scuole, in cui si fa informazione». Spesso infatti uno studente comprende appieno i motivi per cui si protesta solo durante le manifestazioni, grazie anche a volantini e assemblee al megafono.

«Tutte le riforme mettono in gioco un cambiamento che crea scompiglio – interviene Gabriella Chisari, preside del liceo scientifico Galileo Galilei di Catania - ed è difficile da recepire per chi è abituato alla routine». La riforma nota come Buona Scuola, l’ultima che ha scatenato le proteste, per la preside presenta aspetti positivi – docenti in più nelle scuole e ampliamento dell’offerta formativa - e aspetti critici, che col tempo verranno smussati e migliorati. «Non credo che con la protesta si cambino le situazioni – continua - anche se ritengo sempre giusto e corretto ascoltare la voce dei ragazzi, a cui noi docenti offriamo un servizio. Le critiche devono essere sempre costruttive ed è importante anche offrire degli spunti di riflessione validi e forti».

Non è della stessa idea Claudia Urzì - insegnante di sostegno all’Istituto Angelo Musco di Catania e membro del coordinamento nazionale Usb (Unione Sindacale di Base) – secondo cui «le proteste non sono mai sterili e non restano molte alternative» da quando sono iniziati i tagli alla scuola, con Fioroni e Moratti prima e con Gelmini poi, che nel 2009 ha eliminato 150 mila posti di lavoro.

«L’unico strumento di lotta che ci è rimasto è lo sciopero – dice la docente - come quello organizzato in occasione della festa del PD di questa estate, quando abbiamo protestato contro la legge 107 sulla Buona Scuola, che rappresenta il disfacimento della scuola pubblica statale attraverso manovre inaccettabili, come la figura del preside sceriffo e l’alternanza scuola lavoro». Soluzione, quest’ultima, poco educativa per alcuni docenti, un vero e proprio sfruttamento per molti studenti. «È l’aspetto più sconvolgente di questa riforma – conferma Ludovica - che darà sicuramente il via a un nuovo ciclo di lotte da parte di noi studenti».

 

 

giorgia lodato

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