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La Sicilia riscopre il grano e punta sul proprio patrimonio cerealicolo

La Sicilia riscopre il grano e punta sul proprio patrimonio cerealicolo

La Sicilia riscopre il grano e punta sul proprio patrimonio cerealicolo

di Liliana Rosano -

PALERMO - La Sicilia dei grani autoctoni riscopre il suo patrimonio e si fa portavoce di un nuovo cambiamento che parte dal basso. Tutto inizia con Simenza, la comunità di produttori agricoli nata per difendere la biodiversità siciliana, che alcuni anni fa si è fatta promotrice della riscoperta di tipologie di grani duri antichi come il Russello, la Tumminia e il Bidì.

Enzo Lo Presti, invece, è il pioniere del recupero di due antichi grani gentili, Tiraditto e Pilusedda, riportati di recente alla luce dopo essere stati dimenticati per anni. E sono proprio i grani gentili autoctoni l’ultima frontiera della biodiversità siciliana e della relativa filiera produttiva.

Se fino al 1700, in Sicilia si coltivavano prevalentemente grani teneri, questi ultimi sono finiti nell’oblio per via della necessità di grani duri, spinta dall’industria italiana della pasta. Così l’Isola si è ritrovata negli anni a importare grani teneri per il proprio fabbisogno, fino a quando con coraggio, passione e audacia, i singoli contadini, appassionati cultori del grano e difensori del territorio, decidono di riprendere in mano il patrimonio dei grani teneri siciliani, tra l’altro molto utilizzati nelle specialità dolci e salate dell’Isola.

Tiraditto e Pilusedda, grani gentili antichi siciliani, coltivati dall’azienda Valpilieri di Niscemi, hanno delle caratteristiche uniche: bassissimo contenuto di glutine e assenza di nichel, altamente digeribili, ricche di elementi come magnesio, selenio, fosforo, grazie alle radici lunghe e ad un apparato radicale forte che attinge ai minerali del terreno. Ed è proprio questa proprietà antiossidante dei grani ad avere un’azione efficace, ancora scientificamente da confermare, rispetto a chi ha una sensibilità al glutine. “Anche se non c’è letteratura scientifica ufficiale in merito - commenta Enzo Lo Presti - l’uso in purezza del Tiraditto e la Pilusedda potrebbe aiutare chi soffre di gluten sensitivity, grazie al fatto che questi grani hanno meno epitopi tossici e l’epigenetica delle loro piante è rispettata”.

Due le iniziative che stanno prendendo piede: il pane slow e Graniblei. Il primo, è un’iniziativa Slow Food Sicilia che prevede un vero e proprio disciplinare per il pane fatto con i grani antichi in purezza. Il secondo, è un progetto che si sta sviluppando nei territori del ragusano e che, ad oggi, vede coinvolti diversi agricoltori, mugnai, mastri pastai e panificatori nonché ristoratori, sostenuti da associazioni, enti locali, dal Consorzio di Ricerca G.P. Ballatore, dal Gal Natiblei, dall’Accademia Nosco di Ragusa, Slow Food e Agenzia per lo Sviluppo degli Iblei.

Graniblei si propone di organizzare una filiera del grano locale a chilometro zero, che sia capace di produrre materie prime e prodotti trasformati da utilizzare nel proprio territorio in percorsi turistici e di ristorazione, ma che può anche intercettare l'attenzione di altri mercati nei quali viene premiata la qualità e l'identità dei prodotti. “L’obiettivo per tutti è- continua Lo Presti- creare un’economia circolare partendo dalla qualità della materia prima per arrivare a creare degli standard per chi sceglie di utilizzare in purezza i grani antichi autoctoni siciliani. Chi chiede questi prodotti chiede soprattutto salute, nutrimento, tracciabilità senza nessun compromesso soprattutto sull’uso in purezza”.

“Il modello di agricoltura ideale - conclude - che sposa questo tipo di filosofia è quello che mette al centro la terra, il territorio, il nutrimento, il contadino e non il profitto. Bisogna quindi fare rete, prendere coscienza del nostro ricco patrimonio cerealicolo e creare una rete a supporto del contadino e di tutta la filiera”.

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