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Per l’agroalimentare siciliano tanta qualità ma poca sostanza, Dop e Igp non decollano

Per l’agroalimentare siciliano tanta qualità ma poca sostanza, Dop e Igp non decollano

Per l’agroalimentare siciliano tanta qualità ma poca sostanza, Dop e Igp non decollano

L’impatto economico dei prodotti Dop, Igp e Stg dell’area Food (valore alla produzione) in Sicilia è pari a 61 milioni di euro in un anno; quello del Veneto è pari a tre miliardi: quasi 50 volte superiore al risultato siciliano. Non va meglio il confronto con la Lombardia che totalizza 1,5 miliardi; pari a 25 volte la “cassa” isolana. I dati suddivisi per regione provenienti dal Rapporto 2019 Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop, Igp e Stg mostrano risultati davvero notevoli in merito al valore alla produzione (cibo e vino) che appaiono straordinari nel caso delle regioni leader italiane: Veneto (3,9 miliardi di euro), Emilia-Romagna (3,4), Lombardia (1,9) e Piemonte (1,2).

Quattro regioni, dunque, totalizzano da sole il 65% del comparto nazionale delle Indicazioni geografiche nelle produzioni agroalimentari e vitivinicole e “nei territori del nord Italia si concentra la gran parte dei distretti più rilevanti economicamente”. Ancora una volta un'Italia a due velocità in cui, ad esempio, una regione come la Lombardia con 78 prodotti Dop e Igp tra food e wine totalizza un impatto economico triplo (1,9 miliardi di euro) rispetto alla Sicilia che totalizza 0,6 miliardi di euro con 64 prodotti all'attivo.

I dati del Rapporto mostrano risultati che inchiodano la Sicilia nonostante i risultati in termini di qualità e numero di prodotti d’eccellenza siano di tutto rispetto. In Sicilia salgono a 33 i prodotti che figurano nell'elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel Registro delle denominazioni di origine protette (Dop), delle indicazioni geografiche protette (Igp) e delle specialità tradizionali garantite (Stg). La provincia più rappresentata è Catania con 13 occorrenze, seguono nell'ordine Enna (9) e Trapani (8), Ragusa (8), Siracusa (7), Messina ed Agrigento (7), Palermo (6) e Caltanissetta (2). Si segnala che alcune denominazioni vengono prodotte contemporaneamente in più province.

Pochi giorni fa è stata registrata la Provola dei Nebrodi DOP, prodotta in alcuni comuni della provincia di Catania, Enna e Messina. “È il prodotto numero 306 che ottiene questo importante riconoscimento - ha sottolineato il ministro Bellanova - non solo dell'altissima qualità del nostro Made in Italy ma anche del valore fondamentale delle nostre tradizioni agroalimentari”. Soddisfazione è stata espressa anche dall’Assessore per l’Agricoltura regionale Edy Bandiera: “Traguardo importante. Ancora una volta è il segnale che la qualità in Sicilia viene premiata. Sprone soprattutto per i tanti giovani che, in questi anni, abbiamo avviato in agricoltura e che vorranno scommettere sulle produzioni regionali”.

Tornando al Registro, aggiornato il 23 settembre scorso sul sito del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, presenta una suddivisione che tiene conto della tipologia in cui è inserita una determinata denominazione. Nella nostra Isola la tipologia più florida è “ortofrutticoli è cereali” con 17 occorrenze tra cui Arancia di Ribera, Arancia Rossa di Sicilia, Cappero delle Isole Eolie, Carota Novella di Ispica. Una buona rappresentanza anche per “oli e grassi” (7). Per ciò che attiene i “prodotti di panetteria e pasticceria”, nell'elenco troviamo la Pagnotta del Dittaino, come “prodotti a base di carne” il Salame S.Angelo e tra gli “altri prodotti” il Sale Marino di Trapani e come dimenticare il Cioccolato di Modica? “I produttori di cioccolato di Modica sono decuplicati; […] il cioccolato di Modica è diventato un importante volano di turismo e commercio per la zona, la Sicilia e l'Italia tutta” ha dichiarato recentemente la ministra Bellanova intervenendo alla Presentazione del Francobollo dedicato al Cioccolato di Modica Igp.

Il confronto con la Lombardia regge in termini di numero di prodotti iscritti: 34, uno in più rispetto ai siciliani. Nella regione del Nord a farla da padrona sono i formaggi (14) e le carni (11). Tra le denominazioni lombarde più conosciute citiamo la Bresaola della Valtellina, il Cotechino di Modena, il Gorgonzola e il Grana Padano.

Una Sicilia ricca di produzioni, dunque, ma – come segnalato da diverse associazioni di agricoltori - in difficoltà coi prezzi all’origine e spesso incapace di intraprendere iniziative per rendere tali “marchi” sempre più forti e apprezzati.

giovanni selvaggi

Il presidente di Confagricoltura Ct Giovanni Selvaggi spiega a cos’è dovuto il gap dell’Isola

Il valore alla produzione dei prodotti siciliani risulta fino a 50 volte inferiore rispetto a quello di alcune Regioni italiane…
“Un rapporto di autocritica va sempre fatto, però questo dato va considerato guardando alcuni marchi del Nord del Paese: il Parmigiano Reggiano [1,4 miliardi di valore alla produzione e 2,4 al consumo nel 2018], Grana Padano [1,3 e 2,2 miliardi], Prosciutto di Parma [0,8 e 2,3 miliardi] e Prosciutto San Daniele [0,3 e 0,8 miliardi]. Questi articoli, che rappresentano una filiera dell’alimentare ma vanno fuori dall’Ocm ortofrutta, fatturano da soli numeri da capogiro. [Dati produttivi Formaggi DOP IGP (2018): valore alla produzione 4,1 miliardi; 2,7 miliardi solo Parmigiano Reggiano e Grana Padano pari al 66% del valore alla produzione nazionale]. Detto questo, in Sicilia l’IGP Arancia Rossa è, sotto il profilo agrumicolo, il più grosso consorzio d’Italia. I nostri competitor siciliani sono il Limone di Siracusa e la Dop di Ribera che sono realtà molto più ridotte. Fuori dai confini regionali abbiamo il Limone di Sorrento, il Limone di Amalfi e le arance e limoni del Gargano ma nel mondo degli agrumi l’Arancia Rossa non è paragonabile a questi consorzi. I numeri e i confronti vanno fatti guardando i singoli comparti di filiera. Per ciò che attiene i formaggi, invece, la nostra Isola non ha numeri paragonabili, ad esempio, al Parmigiano Reggiano”.

Quali sono gli ostacoli che i prodotti siciliani incontrano per espandere i canali della produzione e dunque delle vendite?
“Se guardiamo al modello Grana Padano (che si ripercuote nell’Ocm ortofrutta per quanto riguarda, ad esempio, le pere, le nettarine, le albicocche… o il modello del lattiero-caseario) rintracciamo alle spalle filiere storiche rispetto, ad esempio, alla neonata Provola dei Nebrodi. Quante sono le aziende che producono latte per il consorzio del Parmigiano Reggiano? Quante per la Provola dei Nebrodi? Parliamo di un mare confrontato ad una piscina. Poi se si parla di orizzonti auspicabili, io ritengo che da parte del Governo e da parte del ministero dell’Agricoltura si debbano preparare dei piani di settore ben precisi, concertati in Conferenza Stato-Regioni per iniziare un percorso di tutela e valorizzazione che a cascata consenta ai produttori di poter fare investimenti, di poter far crescere le aziende, di poter garantire i livelli occupazionali. Al momento si sente solo parlare di caporalato e si dipingono gli agricoltori come dei delinquenti. È ora che si svegli qualcuno e capisca che le scelte politiche vanno affrontate in maniera costruttiva. Una seria politica agricola nazionale in Italia non si fa dagli anni ’60. Che cosa pretendiamo che domani mattina si sveglino due imprenditori e creino un consorzio?”

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Accordo siglato tra Cia Agricoltori e Alibaba.com. Nuovi canali online per il Made in Italy

Promuovere l’export del Made in Italy agroalimentare, aprendo nuovi canali commerciali online per le aziende associate e favorendo incontri sul web con i buyers di tutto il mondo. Questo l’obiettivo dell’accordo siglato nei giorni scorsi a Roma da Cia-Agricoltori Italiani e Alibaba.com, la più grande piattaforma di e-commerce B2B (business-to-business) a livello internazionale e parte del Gruppo Alibaba.

Oggi l’e-commerce B2B (vale a dire lo scambio commerciale di prodotti o servizi tra aziende) è 11 volte più grande del B2C (business-to-consumer, ovvero rivolto dall’azienda al consumatore finale). Attualmente, l’export online italiano B2C vale 11,8 miliardi di euro, mentre l’export online tricolore B2B arriva a fatturare ben 132 miliardi. In questo contesto, Alibaba.com rappresenta la maggiore piattaforma di e-commerce B2B del mondo, con 150 milioni di utenti registrati, 190 tra Paesi e Regioni coinvolte, oltre 300.000 richieste al giorno per 40 settori merceologici. Con un occhio di riguardo proprio al “food&beverage”, che rappresenta la prima voce tra le “top 10 industries” della piattaforma online, con il 12% dei click sul vino e il 7% sulla pasta.

“È un accordo che rinnova l’impegno dell’organizzazione – ha detto Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia – a supporto dell’internazionalizzazione delle aziende agricole e agroalimentari nazionali. Si può vincere la sfida dell’export agevolando l’accesso delle nostre imprese sui mercati stranieri, facilitando non solo il rapporto diretto tra aziende e consumatori, ma anche tra aziende stesse, offrendo nuove e importanti occasioni di sviluppo attraverso il commercio elettronico”.

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