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Corruzione in Sicilia colpa di politici e Pa

Corruzione in Sicilia colpa di politici e Pa

Corruzione in Sicilia colpa di politici e Pa

Tre amministratori giudiziari dell’Aligrup sono stati indagati dalla Procura della Repubblica di Catania. Ci auguriamo di sapere presto gli sviluppi perché è giusto che i soggetti coinvolti non restino a lungo sulla graticola.
Il re delle cliniche, Salvatore Musumeci, è indagato per fatture false relative a prestazioni inesistenti ed altro. Anche qui ci auguriamo che la situazione arrivi ad un chiarimento. Il presidente del Coni Ragusa, Sasà Cintolo, avrebbe percepito, secondo la Procura della Repubblica di Ragusa, contributi indebiti.
Ricordiamo le vicende che riguardano il parlamentare Francantonio Genovese per la formazione regionale e l’arresto del Presidente dell’Anfe, altro ente di formazione, sempre per presunti reati.
Vi è poi la vicenda Giacchetto, già condannato in primo grado a otto anni, nella quale sono coinvolti personaggi che agiscono nel mondo della pubblicità.
I quattro fatti richiamati costituiscono una piccola parte della corruzione (o presunta tale) che si è estesa a macchia d’olio in Sicilia con la complicità diretta o indiretta di politici e burocrati.

Di chi è la responsabilità di quanto elencato? La risposta è nei fatti: proprio di politici e burocrati. E vi spieghiamo il perché.
Come è noto, chi è preposto alle Istituzioni, ha l’obbligo di comprendere e valutare i fatti, prendere decisioni e attuare le soluzioni conseguenti. La responsabilità finale di questo processo è quella di controllare che la burocrazia, cui vengono impartite le necessarie istruzioni, esegua la volontà politica puntualmente, e la esegua nei tempi che la stessa politica deve indicare in tassativi cronoprogrammi.
A sua volta, la burocrazia, deve seguire diligentemente le istruzioni ricevute e perseguire gli scopi inseriti nelle stesse, rispondendo sia della quantità che della qualità dei risultati, nonché dei tempi del conseguimento degli stessi.
Se tutto funzionasse come descritto, non vi sarebbe spazio per la corruzione perché i procedimenti snelli e trasparenti non lo consentirebbero, né lo consentirebbero i provvedimenti emessi dalla burocrazia.

Quello che scriviamo sembra elementare ed in effetti lo è, ma non è facile da attuare.
Procedure snelle e senza sbavature, controlli efficaci ma corti e rapidi, obbligo di rispettare i tempi, premi per i dirigenti che raggiungono i risultati senza ritardi, sanzioni a quegli altri, abituati a funzionare in base a favori o mazzette: ecco quale potrebbe essere lo schema contro il dilagare delle metastasi corruttive che stanno erodendo il tessuto econonomico e sociale.
Quando un appalto viene dato non per la bontà dell’appaltatore, per le sue qualità imprenditoriali e tecniche, per la sua reputazione e dignità, ma viene assegnato a chi ha pagato un aggio, non solo si è fatto un danno alla collettività per aver speso male le risorse pubbliche, ma si è fatto un grosso danno al mercato e all’economia perché si è distorta la concorrenza, in quanto l’appalto è stato assegnato al corruttore e non al meritevole.
Quando i politici sono retti ed anche capaci nel guidare la burocrazia, lo spazio per la corruzione si assottiglia molto.

Se la burocrazia esegue le direttive ricevute con efficienza ed efficacia, anche in base a procedimenti digitali che consentono il controllo attimo per attimo, non c’è spazio per la corruzione perché è controllabile il tempo in cui un fascicolo è rimasto sul tavolo di un impiegato o di un dirigente, che dovranno spiegare le ragioni dell’eventuale ritardo.
Chi ritarda, deve essere punito, chi non consegue risultati deve essere altresì punito. Chi, invece, li ottiene presto e bene, deve essere premiato. In altre parole, si tratta dell’applicazione del merito che è un valore anticorruzione: dove c’è merito non c’è corruzione e viceversa, dove c’è corruzione non c’è merito.
La corruzione è una delle cause del degrado della Sicilia e del suo massimo ente che è la Regione. Vi è poi la corruzione elettorale, cioè il reato di voto di scambio, consistente nella promessa di posti di lavoro o dalla dazione di denaro o altra utilità, a ridosso delle elezioni, per ottenere la raccolta dei voti.
Il primato della politica dovrebbe essere anche il primato dell’onestà e della capacità. Purtroppo non è così.

Carlo Alberto Tregua

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