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Le coup de théâtre di Matteo Renzi

Le coup de théâtre di Matteo Renzi

Le coup de théâtre di Matteo Renzi

Lunedì 13 febbraio finalmente vi è stato un chiarimento nello scenario politico italiano, che si era ingarbugliato e bloccato all’indomani del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.
Lo stop di due mesi ha causato danni al Paese, perché sono rimaste non approvate molte leggi importanti, procedono con lentezza i decreti attuativi della Legge di Stabilità 2017. Altre iniziative per sostenere economia e occupazione non vengono adottate.
Tutto ciò perché i parlamentari, anziché pensare all’interesse del Paese, si preoccupano di riposizionarsi in vista delle prossime elezioni, nel corso delle quali saranno rieletti tutti i 945 parlamentari, 630 deputati e 315 senatori. Questi ultimi, invece, con l’approvazione della riforma sarebbero rimasti a casa.
La sparuta minoranza interna al Partito democratico ha cercato di attuare un’azione di tipo democristiano, e cioè logorare il segretario per poi cercare di batterlo. Ha fatto delle finte chiedendo il congresso e sperando con ciò di non fare effettuare le elezioni prima del 2018.

Matteo Renzi, che ha tanta capacità e tanta energia da spendere, ha capito il gioco e ha preso in contropiede i suoi avversari interni guidati dai vecchi parrucconi che non tollerano come un ragazzo possa prendere il loro posto. Cosicché, ha stabilito una tabella di marcia con date precise. La prima è stata quella dell’assemblea svoltasi il 18 dicembre scorso, la seconda quella della direzione citata.
Nel corso di quest’ultima, la mozione di maggioranza è stata approvata con 107 sì, 12 no e 5 astenuti, mentre la mozione della minoranza di appoggio al Governo fino al 2018 è stata ritenuta antitetica con quella approvata e pertanto non ammessa al voto.
La direzione ha fissato per domenica 19 febbraio l’assemblea nazionale in cui si stabilirà la data del congresso, ove finalmente tutti saranno costretti a giocare a carte scoperte. Il congresso potrà fissare le primarie per l’elezione del nuovo segretario, atteso che l’attuale finirà il proprio incarico con lo stesso e, con molta probabilità, stabilirà la proposta al Governo e alla maggioranza di portare al Capo dello Stato la comunicazione che il Pd non appoggia più l’attuale Governo. Dal che, il Presidente della Repubblica deciderà se fissare le elezioni.

Finalmente si è fatta chiarezza sulla vicenda che ha creato questa empasse, e cioè sul risultato negativo, per l’attuale dirigenza del Partito democratico, del referendum. L’errore di avere connesso l’esito dello stesso alla vita del Governo Renzi è stato ormai ampiamente riconosciuto dall’ex premier, che ha accettato immediatamente il responso del popolo sovrano, dimettendosi da presidente del Consiglio.
Ma la vita politica non può finire per un errore, per quanto grossolano. Bene ha fatto il Toscano a ricominciare a percorrere la via che potrebbe portarlo a diventare di nuovo presidente del Consiglio e riattivare il percorso di riforme che il referendum ha bruscamente interrotto.
D’Alema e compagni saranno di fronte al bivio ove li condurrà il responso del congresso: restare nel Partito democratico, ma con un comportamento di leale collaborazione seppur nella differenza di vedute, o uscirne, come fece dignitosamente e rispettosamente Stefano Fassina, per confluire in questo nebuloso soggetto di sinistra-sinistra che comprenderebbe il partito di Vendola e che forse, tutto insieme, non arriverebbe al 10%.

Finalmente, il sistema politico italiano avrebbe risolto almeno il problema di un polo, quello di centrosinistra, che, ricordiamolo, è composto dalle due parti storiche, che vanno dall’ala più a sinistra rappresentata dal ministro Maurizio Martina all’ala di centro rappresentata dal ministro Dario Franceschini. Proprio quest’ala di centro è quella che fa vincere o perdere un polo.
L’altro polo, il Movimento 5 stelle, non intende aggregare nessuno, ma vuole restare da solo, nella speranza di prendere il 40% dei voti validi. La destra è per il momento frastagliata, ma non si può escludere un rensamblement.
Chiarezza vorrebbe che in giugno 2017 si svolgessero le elezioni, per lavorare durante le ferie e recuperare il tempo perduto. L’Italia ha bisogno di governo e maggioranza forti che decidano, scontentando parassiti e privilegiati. Per far questo occorre la legge elettorale che dovrà essere approvata da questo Parlamento.

Carlo Alberto Tregua

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