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Ambiente, nell’Isola di cemento trentaduemila abusi edilizi

Ambiente, nell’Isola di cemento trentaduemila abusi edilizi

Ambiente, nell’Isola di cemento trentaduemila abusi edilizi

In Sicilia ci sono quasi 7 milioni e mezzo di metri cubi di costruzioni. Illegali. Più di 1,5 metri cubi a cittadino (compresi i neonati). Una cifra enorme che si concretizza in 31.981 abusi edilizi e in un indice di abusivismo (numero di costruzioni abusive ogni cento autorizzate, Ispra) pari al 58,2% (ampiamente sopra la media italiana che è del 17,7 per cento).

Sono i numeri di una piaga che relega la Sicilia a terza regione italiana per presenza di immobili abusivi. E dopo i “Ddl della vergogna”, approdati l’anno scorso all’Ars, che proponevano nuove sanatorie sotto la pressione del “partito del cemento”, adesso il parlamento siciliano prova a mettere delle pezze. Nella finanziaria in discussione a palazzo dei Normanni, infatti, sono presenti due norme (entrambe in quota Cinque stelle e ognuna corredata da uno stanziamento di mezzo milione di euro) per combattere l’abusivismo edilizio. Una è pensata per dare più fondi per le demolizioni degli immobili illegali ai Comuni, l’altra per accelerare le pratiche di condono esistenti.

I dati, aggiornati al 30 marzo 2021, che ci ha fornito in esclusiva il Siab (Sistema informativo abusivismo del dipartimento Urbanistica dell’assessorato regionale Territorio e ambiente), mostrano chiaramente che le aree più martoriate da questo fenomeno sono le Città metropolitane. La maglia nera va a Catania, dove si concentra il 22,69% di tutti gli abusi edilizi siciliani. Seguono Palermo, con il 19,70% e Messina, con il 16,48%. Tra le altre provincie siciliane, invece, le più virtuose sono Enna, con appena il 2,2 per cento del cemento illegale dell’Isola e Ragusa con il 3,93%.

A livello comunale è possibile notare come la situazione non cambia di molto: i primi cinque comuni con più abusi edilizi sono Catania (1832 abusi per un totale di 186.236,698 metri cubi di cemento illegale), Palermo (1237 abusi e 248426,35 metri cubi), Marsala (1148 abusi e 185729 metri cubi), Messina (992 abusi e 111191,75 metri cubi) e Siracusa (718 abusi e 118177,19 metri cubi).

A Marsala va il primato negativo (e solitario) di unica città non capoluogo di provincia a superare i 1000 abusi edilizi. Ma la cittadina trapanese non è la sola piccola realtà ad avere tanto cemento illegale sul suo territorio. Un altro esempio può essere Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, che pur avendo poco più di 22mila abitanti e un’estensione di 77 chilometri quadrati, ha 406 abusi edilizi con una volumetria di 248.693,48 metri cubi. O anche Belpasso, nel catanese, che a fronte di un’estensione di 166 chilometri quadrati possiede 343 abusi e 127.045,42 metri cubi di cemento illegale. Per rendere meglio l’idea: è come se in ogni chilometro quadrato di Belpasso ci fossero 765,33 metri cubi di costruzioni abusive.

Questi sono solo alcuni esempi che fanno capire quanto il fenomeno dell’abusivismo edilizio sia dilagante nell’intero territorio siciliano. Con qualche eccezione, perché nell’Isola ci sono anche dei buoni esempi: Buccheri (Sr), Campofiorito (Pa), Santa Domenica Vittoria (Me), Roccafiorita (Me) e Raccuja (Me) sono gli unici comuni siciliani liberi dal cemento illegale. Cinque piccole realtà sui quasi 400 comuni isolani.

Questi dati fotografano una situazione davvero insostenibile per la Regione che ha bisogno, adesso più che mai, di accelerare gli abbattimenti delle costruzioni illegali. Demolizioni che ai sensi della normativa regionale sono di competenza dei Comuni, i quali, fino ad oggi, hanno combattuto questa piaga solamente in parte: sono 10.363 le pratiche di abusivismo edilizio portate a termine dalle amministrazioni. Praticamente meno di un terzo di quelle totali. Una lentezza che è dovuta principalmente alle poche risorse presenti nelle casse degli enti locali.

“Quando un immobile è privo del permesso di costruire – ci spiega il deputato regionale del Movimento 5 stelle Giampiero Trizzino - o è difforme dal permesso e il dirigente comunale ne ha accertato l’illegittimità e quindi ha intimato il proprietario di abbatterlo, se il proprietario entro 90 giorni non provvede, interviene in sostituzione il Comune che ha due possibilità: acquisirlo come patrimonio comunale perché ne ravvede la pubblica utilità (lo vuole utilizzare ad esempio per abitazioni popolari o per uffici pubblici) oppure procedere alla demolizione in sostituzione al proprietario. Questa seconda opzione è condotta a spese del Comune, che poi si rifarà nei confronti del responsabile dell’abuso”.

Di recente, il deputato pentastellato ha proposto una norma (approvata e inserita all’articolo 41 della Finanziaria in discussione a Palazzo dei Normanni) che ha proprio lo scopo di incentivare i Comuni ad abbattere le costruzioni illegali e quindi a diminuire il peso di quei sette milioni e passa di metri cubi abusivi. “Spesso succede che, nonostante l’Amministrazione abbia intenzione di demolire una costruzione abusiva, non ha le risorse economiche per poterlo fare. Con questa norma – continua Trizzino - si istituisce un fondo di rotazione a sostegno degli Enti che devono procedere alle demolizioni dopo che è stata accertata l’illegittimità ai sensi del testo unico dell’edilizia. Cioè, viene stabilito che la Regione dà la somma necessaria al Comune che così può procedere all’abbattimento. Poi l’Ente avrà cinque anni di tempo per rifarsi nei confronti del proprietario e per rimettere la somma nel fondo regionale, che ha una dotazione di 500 mila euro”.

Se il fondo di rotazione venisse definitivamente approvato sarebbe comunque solo un primo passo per aiutare tutti quei Comuni con poche risorse finanziarie e con un’alta percentuale di edifici abusivi. Anche perché, data la vastità del fenomeno e gli alti costi necessari per l’abbattimento di un immobile, il fondo pensato da Trizzino si svuoterebbe molto velocemente.

“Questa norma – conclude il deputato regionale - è stata votata e approvata sia in bilancio che in aula e non verrà più discussa. In Finanziaria rimangono una trentina di articoli e questa norma verrà votata insieme al voto finale. Per cui è ovvio che ormai è così. A meno che successivamente non ci sarà una nuova legge, diversa dalla Finanziaria, che l’abrogherà. Ma non penso”. Speriamo che l’onorevole non sia troppo ottimista.

Gli abusi edilizi in dettaglio

Per poter capire di che tipologia sono i quasi 32mila abusi siciliani bisogna fare riferimento alle volumetrie che ci mette a disposizione il Siab, in quanto sono l’unico dato in possesso della struttura regionale. Mediamente un appartamento è di 100 metri quadrati in Sicilia.

Questo vuol dire che quando si troverà un abuso da 300 metri cubi è evidente che è stata costruita una casa abusiva. Quando si troveranno 10 metri quadrati l’abuso riguarderà una veranda, e così via. Bisogna tenere presente una cosa però.

Quello di cui noi parliamo è l’abusivismo che è stato trovato e sanzionato. A questo si deve aggiungere un abusivismo “fantasma” che non viene scoperto da nessuno in assenza di qualunque norma di sanatoria.

lucio greco sindaco gela

A Gela oltre 300 mila metri cubi abusivi

Il sindaco Lucio Greco: “stiamo valutando la situazione”

Un altro territorio in cui dilaga il fenomeno dell’abusivismo è quello di Gela, che con 548 abusi edilizi e 330.119,5 metri cubi di costruzioni illegali risulta essere il Comune più colpito dell’intera provincia nissena. Anche in questo caso è evidente la scarsa capacità dell’Ente di occuparsi di una piaga così vasta. Infatti, secondo i dati del Siab, le pratiche di abusivismo ancora aperte a Gela risultano essere ben 517. In pratica solamente 31 sono state concluse.

Proprio su questa tematica stanno lavorando, in questi giorni, il sindaco, Lucio Greco, e la commissione consiliare addetta ai lavori. Il primo cittadino non ci ha voluto raccontare nel dettaglio cosa sta preparando il Comune per “non compromettere il lavoro che abbiamo in corso”.

Il primo cittadino ha però tenuto a precisare che la sua Amministrazione “intende essere rispettosa delle leggi in materia” e, a questo fine, “stiamo vedendo, compatibilmente con quello che prevede la normativa attuale, di seguire un po’ tutte le linee guida che provengono dall’Anci e valutare un po’ la situazione senza incorrere in omissioni e in tutto quello che ovviamente la legge impone di fare”.

È evidente che, anche se nel pratico i fondi per le demolizioni mancano, a Gela l’attenzione delle istituzioni locali è molto alta sul tema dell’abusivismo. L’unica certezza è che nel comune in provincia di Caltanissetta la strada è ancora lunga per liberarsi di tutti gli immobili abusivi, abbattendoli o magari sfruttandoli. L’Amministrazione di Lucio Greco ha davanti a sé ben 312.149,5 metri cubi illegali che in un modo o nell’altro devono essere messi in regola.

Daniele-Motta sindaco belpasso

Intervista a Daniele Motta, sindaco di Belpasso, tra i comuni più colpiti

“Abbiamo 70 immobili da demolire, ma i fondi sono insufficienti. Serve un intervento dello Stato”

Come già accennato, Belpasso è una di quelle piccole realtà siciliane letteralmente invase dal cemento abusivo e che non hanno abbastanza fondi per procedere velocemente con le demolizioni. A dover fare i conti con questo fenomeno è il sindaco, Daniele Motta, secondo il quale i Comuni non potranno mai avere le forze per arginare l’abusivismo edilizio. Di conseguenza sarebbe necessario “un intervento autorevole dello Stato”.

Sindaco Motta, cosa state facendo a livello comunale per combattere la piaga dell’abusivismo?
“È una situazione cristallizzata perché ci sono un sacco di abusi riscontrati negli anni 80-90 che sono ancora in piedi. In questo momento nel nostro elenco ci sono circa 70 immobili da demolire. L’anno scorso nel bilancio 2020 abbiamo messo 200 mila euro per le demolizioni, che è quello che il Comune può mettere in base alle sue casse. Però è chiaro che questo non è sufficiente per contrastare un fenomeno così importante. E ci toglie risorse per fare altro. Quindi secondo me ci vorrebbe un intervento autorevole dello Stato: utilizzare il genio militare, come è stato fatto in alcuni casi, o dare la possibilità di demolire alle prefetture”.

Con le demolizioni di questi 70 edifici a che punto siete?
“Noi abbiamo quattro progetti da portare a termine entro quest’anno con i 200 mila euro che abbiamo stanziato l’anno scorso. Però nel redigendo bilancio dovremmo prevedere altrettante somme per le altre demolizioni. Somme che ovviamente leviamo alle strade, alle piazze e a tutte le opere di manutenzione straordinaria che dovremmo fare. Questa cosa di scaricare ai Comuni le demolizioni non la vedo assolutamente di buon occhio, anche perché nei comuni come il nostro, che hanno un fenomeno importante di abusivismo edilizio, è sinonimo di depauperare le casse comunali”.

A tal proposito, nella finanziaria è stata inserita una norma che dovrebbe istituire un fondo rotativo che da ai comuni fondi per le demolizioni…
“Sono favorevolissimo. Il nostro problema sono i fondi e non la questione tecnica. A dare supporto tecnico non abbiamo nessuna difficoltà, il problema sono i fondi che i comuni non hanno”.

Si tratterebbe di mezzo milione messo a disposizione dei Comuni, è abbastanza?
“In effetti i fondi sono pochi se consideriamo tutti i 390 comuni siciliani. Se questa norma viene resa funzionale con le norme attuative e non rimane un modo per fare propaganda è comunque un segnale, anche se formale. Io in linea di principio sono favorevole a un intervento di Enti superiori rispetto ai comuni. A patto che ci siano norme snelle, fluide e soprattutto con fondi adeguati. Perché mezzo milione di euro non sono abbastanza. Noi abbiamo stanziato 200 mila euro per quattro demolizioni. Questi fondi bastano solo per un Comune. L’unico modo per poter arginare il fenomeno dell’abusivismo, lo ripeto, è delegarlo alle prefetture o al genio militare”.

Gabriele D'Amico

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