L’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali si è pronunciata, nei giorni scorsi, in merito all’opportunità, evidenziata sia a livello europeo che nazionale, di implementare soluzioni (anche digitali) che evidenzino lo stato di vaccinazione dei cittadini. Si discute, infatti, sulla necessità di prevedere un pass/passaporto vaccinale che consenta ai cittadini europei di poter riprendere a viaggiare, ovvero più semplicemente accedere a determinati locali (quali ristoranti, teatri, cinema, etc.) per la fruizione dei relativi servizi.
Una app sul telefono che renderà possibile a chi è già stato vaccinato o è immune per aver superato la malattia, la libera circolazione con un semplice QR code sul telefonino. Ma con qualche problema. A tale proposito, il Garante italiano della Privacy ritiene, che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini a fini di accesso a determinati locali o di fruizione di determinati servizi, debba essere oggetto di una norma di legge nazionale.
I dati relativi allo stato vaccinale - ha dichiarato il Garante - sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali. Il Garante ritiene, pertanto, che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini a fini di accesso a determinati locali o di fruizione di determinati servizi, debba essere oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali.
Pronta la risposta dell'Unione Europea. "Continueremo a lavorare sul modo in cui poter organizzare la libera circolazione, e stiamo lavorando su un certificato digitale che permetterà di riprendere i dati sanitari delle persone, come quelli che hanno avuto la malattia e dunque hanno sviluppato anticorpi, le persone che si sono vaccinate, e quelle che hanno passato dei test e non ci sarà alcuna discriminazione". Così il commissario europeo alla giustizia Didier Reynders ha riferito nel corso di una conferenza stampa.
"Vogliamo evitare problemi di privacy e di discriminazione e dunque sarà uno strumento legislativo che raggrupperà i dati che saranno messi su una sorta di certificato digitale - ha aggiunto il commissario Ue - è un certificato, non un passaporto e la preoccupazione primaria è evitare ogni tipo di discriminazione".
(ANSA)
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