fbpx

Palermo calcio, gli ex proprietari arrestati per bancarotta

Palermo calcio, gli ex proprietari arrestati per bancarotta

Palermo calcio, gli ex proprietari arrestati per bancarotta

La Guardia di Finanza ha arrestato stamattina gli imprenditori Salvatore e Walter Tuttolomondo, fratelli, di 65 e 53 anni, ex proprietari della squadra di calcio del Palermo. Nell'ambito della stessa inchiesta i militari hanno inoltre notificato la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese per un anno a Roberto Bergamo, di 62 anni, Tiziano Gabriele, di 48 e Antonio Atria, di 54. Agli indagati vengono contestati i reati di bancarotta fraudolenta, indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, autoriciclaggio, falso e ostacolo alle funzioni di vigilanza della Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio (Covisoc). Nell'ambito dell'operazione è stato inoltre sequestrato quasi un milione e mezzo di euro. Salvatore Tuttolomondo, capo del gruppo finanziario Arkus Network, non rivestiva, nella società rosanero, alcun incarico ufficiale. Il fratello minore, Walter, era stato invece consigliere del Palermo calcio. L'inchiesta della Procura sulla Arkus L'inchiesta, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Salvatore de Luca, prende le mosse dalla cessione delle quote della Unione sportiva Città di Palermo dell'ex patron Maurizio Zamparini effettuata nel 2019 a soli dieci euro a favore della Sporting Network srl, società controllata dalla Arkus Network srl, riconducibile ai fratelli Tuttolomondo. Le intercettazioni telefoniche Dalle intercettazioni telefoniche e dagli accertamenti bancari e documentali svolti dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo e del Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma sarebbe emerso che, grazie alla collaborazione di professionisti e prestanome, i Tuttolomondo avrebbero saldato debiti fiscali usando in compensazione crediti fiscali inesistenti, per un milione e quattrocentomila euro. False comunicazioni alla Covisoc Ai due imprenditori si contesta anche l'avere effettuato false comunicazioni alla Covisoc sul pagamento degli stipendi ai dipendenti della società e al versamento delle tasse. Secondo gli inquirenti, mentre pendeva la richiesta di concordato preventivo della vecchia società calcistica, i Tuttolomondo avrebbero effettuato pagamenti non autorizzati dal Tribunale di Palermo per oltre duecentomila euro a favore di professionisti e in danno degli altri creditori e distratto la somma di 341.600 euro dal conto corrente del Palermo calcio a favore di una loro società in realtà non operativa. Consulenze fittizie e autoriciclaggio L'operazione fu giustificata come anticipo del compenso previsto per l'affidamento di un incarico di consulenza fittizio. I Tuttolomondo, infine, avrebbero impiegato il denaro sottratto in altre attività economiche, commettendo così il reato di autoriciclaggio. La mancata iscrizione alla serie B A giugno del 2019 la Unione sportiva Città di Palermo, non avendo regolato entro i termini gli adempimenti richiesti sia in materia di pagamento delle imposte sia in merito alla corresponsione degli stipendi e dei compensi spettanti a calciatori e dipendenti, non ottenne l'iscrizione al campionato di Serie B. La parabola del vecchio Palermo calcio L'inchiesta nasce dal fallimento della società calcistica che i due Tuttolomondo acquistarono da Maurizio Zamparini, ora sotto processo. Per quella società ci fu una prima domanda di fallimento presentata dalla Procura nel 2017 che però non venne accolta dal Tribunale. I pm e i giocatori della squadra tornarono a chiedere lo stato di insolvenza della società nel 2019. "Tenuto conto delle ingentissime esposizioni debitorie gravanti sulla società", il Tribunale dichiarò il crack. Ma i guai del vecchio club non furono solo contabili: la società è stata travolta dalle inchieste della Guardia di finanza che hanno fatto emergere irregolarità prima nella gestione Zamparini, ora in quella dei Tuttolomondo. L'agonia del vecchio Palermo iniziò nel 2017 con l'avvio delle indagini della procura sulla gestione dei conti, soprattutto sulla controversa compravendita del marchio rosanero a una società riconducibile allo stesso Zamparini che aveva di fatto creato una plusvalenza da una quarantina di milioni che sembrava avere rimesso a posto i conti della società. Un artifizio contabile contestato nella prima richiesta di fallimento depositata dalla Procura di Palermo nel novembre del 2017 e respinta nel marzo del 2018, perché il Tribunale fallimentare decise di non entrare nel merito della questione della compravendita del marchio. La sentenza del Tribunale fallimentare è finita al centro di un'altra vicenda giudiziaria, davanti ai pm di Caltanissetta, i quali hanno ipotizzato che il provvedimento fosse stato pilotato da uno dei giudici del collegio, al momento indagato per corruzione insieme all'ex presidente rosanero Giovanni Giammarva. Dopo il fallimento della Us Città di Palermo, che ha messo definitivamente la parola fine sull'era Zamparini, l'imprenditore palermitano Dario Mirri ha rilevato il solo titolo sportivo creando una nuova società e ripartendo dai dilettanti.

risuser

Lascia una risposta

Chiusi
Chiusi

Inserisci il tuo username o il tuo indirizzo email. Riceverai via email un link per creare una nuova password.

Chiusi

Chiusi