di Paola Giordano -
PALERMO - Per il Terzo valico, una linea ad alta capacità che dal 2023 potenzierà i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del Nord Italia e con il resto d’Europa, sono stati stanziati quasi 7 miliardi di euro. Per la Galleria del Brennero, tra Bolzano e Innsbruck, che si stima di completare entro il 2028, sono previsti finanziamenti per oltre 8 miliardi. E il Mose, un sistema di dighe mobili che salvaguarda Venezia dall’acqua alta, fino ad ora è costato quasi 6 miliardi. Le infrastrutture in Italia si sono sempre realizzate e continuano ad essere costruite, peccato che ciò avviene soltanto in una sola parte del Paese. Al Nord.
Il Recovery fund potrebbe essere la grande occasione per colmare il gap infrastrutturale del Mezzogiorno, ma, almeno per il momento, il condizionale è d’obbligo: stando alla bozza - ancora in discussione in Consiglio dei Ministri - che circola da qualche giorno, l’Isola e più in generale il Sud sono tagliati fuori, o quasi.
Nelle oltre 120 pagine della minuta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza c’è poco e niente di opere infrastrutturali da avviare nella nostra Regione. Eppure in quello che, alla stregua del piano straordinario europeo ribattezzato Next Generation EU, è stato nominato Next Generation Italia, le premesse sono tra le più nobili: affrontare i problemi strutturali che hanno generato il ritardo italiano, approfittando delle risorse messe a disposizione per lo sviluppo dell’Italia (circa 200 miliardi di euro, mica briciole), compresa la riduzione del “gap infrastrutturale, occupazionale e di servizi e beni pubblici fra Nord e Sud”.
Come? Con infrastrutture per una mobilità sostenibile sulla base di due componenti: alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0 (per la quale si parla di 23,6 miliardi) e intermodalità e logistica integrata (per un valore di 4,1 miliardi). Totale: 27,7 miliardi, il 14 per cento del totale delle risorse.
Uno stanziamento probabilmente basso per quello che è, come il nostro giornale sostiene da sempre, il principale carburante per la crescita di un Paese: l’apertura dei cantieri. Su questo fronte, si fa cenno alla Sicilia solo per la velocizzazione della linea ferroviaria Palermo-Catania-Messina. L’unico dei 13 macro-interventi inseriti dal governo Musumeci nella proposta di Piano regionale per la Ripresa e la Resilienza.
Un’opera per cui già sono iniziati una serie di interventi finanziati con altre risorse, come quello sulla tratta Bicocca-Catenanuova, 38 chilometri di ferrovia che seppur si trova in uno degli assi strategici in termini di trasporto ferrato, ancora oggi si presenta con un solo binario e, dunque, con i treni costretti ad alternarsi nella corsa. Ma attenzione perché non si tratta di “alta velocità”, ma della modernizzazione di una linea da Terzo mondo, con i treni che raddoppieranno l’attuale misero ritmo di percorrenza (circa 90 km/h), arrivando a 180 km/h. Un passo avanti, si dirà, ma molto lontano a quello che è normalità nel resto del Paese: sulla Roma-Milano si viaggia con una velocità media di 300 km/h.
Come abbiamo scritto in un’altra inchiesta la scorsa settimana, nel Piano di Roma non c’è traccia del Ponte sullo Stretto, per il quale è stata nominata l’ennesima fantomatica commissione di esperti che dovrà, nientedimeno, studiare, o meglio ristudiare, la fattibilità dello sfortunato viadotto. Si torna indietro di cinquant’anni, insomma, e si continuano a spendere altri soldi ma mica per realizzarlo, il Ponte. Più probabilmente per non farlo. Si parla di 50 milioni di euro che si aggiungeranno agli oltre 300 fin qui spesi dallo Stato, dati della Corte dei conti alla mano, per effettuare ricerche e mantenere carrozzoni pubblici.
Non si fa il Ponte? E allora quantomeno ci si aspetterebbe di trovare una lunga sfilza di infrastrutture per provare a ridurre il gap con il Nord. D’altronde i detrattori dell’attraversamento rapido tra Scilla e Cariddi hanno sempre sostenuto che è una “follia” realizzare una “cattedrale nel deserto” e che ben “altre opere vanno realizzate, prima (sic!), nell’Isola”.
Ma di queste ben altre opere, indicate precisamente dal Governo Musumeci nel Piano regionale, non c’è traccia nella bozza di Conte e compagni: nulla sul completamento dell’autostrada Siracusa-Gela, tratto finale da Modica (RG) e Gela (CL); nulla sulla realizzazione tra Gela (CL) e Castelvetrano (TP) di una strada extraurbana principale con due corsie di marcia; niente sulla pista ciclabile per la creazione di un “anello siciliano” che colleghi le numerose altre infrastrutture già esistenti da dedicare al turismo lento; zero tagliato sulla realizzazione di una funivia di collegamento tra il versante Etna Nord ed il fiume Alcantara; nisba anche sulla pedemontana di Palermo (opera strategica per migliorare l’accessibilità urbana e quella dell’aeroporto Falcone Borsellino); e nemmeno un fico secco anche per il porto di Marsala. Tutti interventi che, allo stato attuale, dovranno aspettare nuove possibilità di finanziamento. Fa male pensare che ciò accade in un momento storico in cui ben quattro siciliani siedono nell’esecutivo nazionale - i ministri Alfonso Bonafede, Giuseppe Provenzano, Nunzia Catalfo, Lucia Azzolina - e addirittura un nostro corregionale, Giancarlo Cancelleri, è viceministro proprio per le opere pubbliche.
Intervistato dal QdS, l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone ritiene che ad oggi il ministro per il Sud, Provenzano, da un lato, e il viceministro ai Trasporti, Cancelleri, dall’altro, “non sono stati capaci di far valere logiche a difesa della nostra Isola. Piuttosto sono prevalse logiche centrifughe che, allo stato attuale, penalizzano la Sicilia”. Qualche spiraglio per rivedere in extremis i fondi c’è: il documento abbozzato dall’esecutivo che tanto sta facendo discutere – specie i presidenti delle Regioni meridionali - “può variare in base alle proposte del parlamento e al negoziato con la task force europea nella struttura del capitolo 2 (progetti e saldi) sempre nel rispetto delle linee economiche indicate nella Nadef”.
La deputata pentastellata Maria Laura Paxia ha confermato al QdS che “non sono ancora stati definiti nel dettaglio i singoli interventi, quindi, ci potranno essere dei margini di modifica”. Non tutto sembra perduto, quindi. Staremo a vedere.
Intervista all’assessore regionale alle Infrastrutture e ai trasporti, Marco Falcone
“Studiare progetti alternativi al Ponte significa fare dieci passi indietro”
Per ridurre il gap infrastrutturale tra il Nord e il Sud della Penisola non bastano i buoni propositi: servono le risorse. E quelle previste per l’Isola nella bozza del Recovery plan preparato dal governo sono insufficienti. Lo abbiamo scritto, nero su salmone, più volte e lo ha sostenuto anche l’assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti, Marco Falcone, intervistato proprio a riguardo.
Assessore Falcone, ritiene sufficiente il capitolo che il Governo Conte ha riservato alla Sicilia nel Recovery plan?
“Gli 8 miliardi previsti per la nostra Isola mi sembrano abbastanza pochi anche perché si tratta di progetti finanziati, e in parte già avviati, da Rfi”.
Alla luce di quanto inserito nel Recovery plan per le infrastrutture dell’Isola, ritiene che i ministri Provenzano e Cancelleri abbiano voltato le spalle ai siciliani?
“Spero che questo non sia accaduto. Conoscendo entrambi so che sia il ministro Provenzano che il viceministro Cancelleri sono convinti difensori della Sicilia. Purtroppo, però, non sono stati capaci di far valere logiche a difesa della nostra Isola. Piuttosto sono prevalse logiche centrifughe che, allo stato attuale, penalizzano la Sicilia”.
C’è un’interlocuzione con il governo centrale per rivedere in extremis i fondi per la Sicilia? In sostanza, ci sono margini per recuperare la situazione?
“Il presidente Musumeci ha sempre tenuto un filo diretto con il governo nazionale, convinto dell’importanza e della necessità di mantenere una stretta collaborazione fra le istituzioni. Ultimamente ha avuto un incontro con il ministro De Micheli, che peraltro avevamo incontrato insieme lo scorso giugno in merito alla necessità di istituire un Tavolo permanente sulle infrastrutture strategiche siciliane con le istituzioni regionali, Rfi, Anas e il Consorzio per le Autostrade Siciliane. In ogni occasione il Presidente ha sempre rappresentato l’importanza del confronto e della cooperazione tra istituzioni. Le richieste che Musumeci ha avanzato in merito al Piano di Ripresa e Resilienza non hanno ancora trovato accoglimento: confidiamo che questo possa accadere”.
Il viceministro Cancelleri ha dichiarato pochi giorni fa che è stata istituita una commissione che dovrà effettuare uno studio di fattibilità per rilevare la proposta migliore per collegare Messina a Reggio Calabria e che questa commissione costerà 50 milioni di euro. Non crede che torniamo indietro di cinquant’anni? Non ritiene che siano stati già spesi troppi soldi per la sola fase preliminare del Ponte?
“Ho parlato più volte con Cancelleri della questione Ponte e abbiamo affrontato il tema. Il viceministro è convinto che bisogna fare un collegamento stabile. Questo ci fa immenso piacere perché è un passo avanti rispetto a convinzioni pre-ideologicamente confezionate che si oppongono a tale opera. Oggi il rischio è che studiare progetti alternativi al Ponte possa farci fare non uno ma dieci passi in dietro, perché un’ipotesi diversa da quella del Ponte incapperebbe in una serie di adempimenti e provvedimenti per risolvere i quali passerebbero diversi anni prima che quell’ipotesi alternativa possa vedere la luce. I siciliani non possono più permettersi di aspettare ancora”.
Parla la deputata catanese del Movimento cinque stelle Maria Laura Paxia (M5s): “Ci sono margini di modifica”
“Progetto Regione non in linea con finalità Recovery”
ROMA - Si potrebbe fare di più per il Mezzogiorno e per l’Isola? Alla luce di quanto contenuto nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza il dubbio è lecito. Lo abbiamo affrontato con la deputata catanese del Movimento 5 Stelle, Maria Laura Paxia.
Recovery plan: è stato fatto abbastanza a suo avviso per le infrastrutture dell’Isola?
“Si sta ancora lavorando su una bozza del Recovery plan, perché il piano definitivo dovrà essere pronto entro febbraio. Sono state tracciate per grandi linee, individuando le macro aree, le zone di intervento. Per quanto riguarda la Sicilia, si fa riferimento al potenziamento di alcune infrastrutture stradali di fondamentale importanza (ad esempio il completamento della Ragusa - Catania) e ferroviarie (la realizzazione dell’alta velocità per collegare Palermo, Catania e Messina), il potenziamento di alcuni servizi digitali. Viene prevista inoltre, l’installazione di piccole centrali elettriche per le isole minori siciliane, la realizzazione di un auditorium all’interno dell’ex Manifattura tabacchi di Palermo. Per agevolare le imprese siciliane ci sarà il potenziamento delle due Zone economiche speciali (quella occidentale, che include parte del territorio del capoluogo e Trapani, e quella orientale, che ingloba Messina, Enna, Siracusa e una porzione di Catania), mentre per ridurre il divario sociale saranno realizzati asili e nidi in maniera capillare in tutta l’Isola”.
Nella bozza ancora in discussione in Consiglio dei Ministri ci sono margini per modifiche come chiedono i Presidenti delle Regioni del Mezzogiorno?
“Il Governo ha raccolto le istanze di tutte le Regioni e probabilmente il progetto presentato dalla Regione Sicilia non era pienamente in linea con le finalità del Recovery plan. Tuttavia, non sono ancora stati definiti nel dettaglio i singoli interventi, quindi, ci potranno essere dei margini di modifica”.
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