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L'Etica è diffusa ma solo a parole

L'Etica è diffusa ma solo a parole

L’Etica è diffusa ma solo a parole

Da qualche tempo comunicatori, personaggi, persone politiche ed altri che parlano pubblicamente, si riempiono la bocca con termini Etico o Etica, utilizzati a proposito e a sproposito spesso senza capirne il significato o il riferimento che è a monte di tutti i comportamenti umani. Etica è un termine introdotto da Aristotele (383 a.C. – 322 a.C.) per designare le sue trattazioni di filosofia della pratica... e ogni dottrina intorno al comportamento dell’uomo. Riguarda norme obiettive dettate dalla religione o dal costume che precedono le regole fatte dall’uomo e cioè le leggi.
Socrate (470 a.C. - 399 a.C.) parla (ma non scrive) di intellettualismo etico, cioè il concetto che chi conosce il bene lo fa, e chi non lo fa agisce per ignoranza del vero bene o in malafede.
Da quanto precede si deduce che ogni persona umana si dovrebbe comportare bene, facendo del bene agli altri ed evitando tassativamente, invece, il danneggiamento altrui. L’enunciazione teorica va applicata nella pratica di tutti i giorni.

Se raffrontiamo i valori dell’etica con i nostri comportamenti ci accorgiamo dello stridore che vi è come palese differenza. Ciò perché siamo abituati più a dare ascolto al nostro egoismo che ad agire secondo principi di equità e di rispetto del prossimo.
Sono la nostra cultura e la nostra sapienza che ci devono indurre, invece, a rispettare l’etica in tutte le sue forme con i nostri comportamenti, costanti, i quali devono essere informati al libero arbitrio, secondo il quale scegliamo il bene invece del male.
I responsabili delle istituzioni a qualunque livello non sempre capiscono che i loro atti devono essere  improntati all’etica e a quei valori eterni senza il cui rispetto, le persone umane si trasformerebbero in animali, cioè esseri viventi senza cervello.
Ed è proprio per onorare la dotazione che ci ha dato il Supremo architetto di quest’organo meraviglioso che non possiamo comportarci come animali, ma come persone umane che sanno, che capiscono e che operano all’insegna del bene. Diversamente non onoreremmo quel bene prezioso che è la vita, talmente breve per cui va vissuta intensamente e correttamente.

Neanche dobbiamo nasconderci dietro l’ipocrisia dell’apparire persone perbene mentre agiamo come persone per male. E' il trucco di molta gente che però nel tempo viene scoperto, perché la verità, magari tardi, viene sempre a galla, come due più due, magari tardi, fa sempre quattro.
Ovviamente, chi ha più responsabilità deve stare più attento ad osservare i valori morali che presiedono all’obbligo di chi gestisce la Cosa pubblica in nome dei propri mandanti, cioè dei cittadini. La responsabilità morale è grande e non vi è alcuna giustificazione nel venir meno al proprio dovere quando bisogna prendere decisioni, da eseguire nell’interesse generale e mai in quello privato.
Ed è proprio qui che casca l’asino, perché nella Cosa pubblica la diffusione della corruzione aumenta di giorno in giorno, mentre i mass media prendono l’abitudine di evidenziare le malefatte e non hanno più quel timore reverenziale che li aveva indotti a tacere anche l’evidenza.

La funzione dell’informazione, un principio tutelato dall’articolo 21 della Costituzione, è fondamentale. Ma non sempre essa va nella direzione giusta che è quella di riportare fatti veri e verificati, ma non illazioni, supposizioni, pettegolezzi o peggio maldicenze e malevolenze.
Non sempre l’informazione è libera perché condotta da interessi privati di chi gestisce i mass media, che ormai non possono più definirsi indipendenti, salvo eccezioni che pure esistono nel panorama locale.
Le regole etiche servono proprio ad aiutare chi fa informazione con la coscienza pulita, a diffondere notizie complete e obiettive, cioè basate sulla verità. Ma anche i responsabili delle istituzioni dovrebbero attenersi all’osservanza puntuale di tali regole, comportamento che attuano raramente, generando confusione o intossicando la mente dei cittadini, soprattutto di quelli che hanno meno cultura e quindi meno capacità critica di valutare l’informazione.
Operando bene possiamo definirci cittadini che fanno il proprio dovere, oppure non siamo cittadini.

Carlo Alberto Tregua

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