di Carlo Alberto Tregua
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fatto una proposta che dovrà andare al Consiglio d’Europa, ove si raccolgono i 27 capi di Stato e di Governo.
In un primo momento la proposta riguardava la modifica del Trattato di Dublino, nel senso che i migranti giunti nei Paesi costieri dovevano essere ripartiti obbligatoriamente fra tutti i 27 membri. Questa proposta è stata bocciata sul nascere.
La presidente della Commissione ha ripiegato su una soluzione di secondo piano, e cioè che scatterebbe, su base volontaria, la ripartizione dei migranti giunti nei Paesi costieri. Ovvero, in una sorta di compenso in denaro per la loro gestione.
Come ben si capisce, l’Europa è ancora lontana dall’adottare una vera soluzione riguardante il flusso migratorio.
Nelle more, Italia e Grecia subiscono la pressione di barche, barchini, Ong e simili, che hanno fino a oggi portato sulle coste, nel 2020, quasi 24 mila persone.
Qualcuno ha osservato che occorre valutare se essi possono essere considerati rifugiati, che fuggono da guerre e pestilenze, ovvero migranti che abitano in Paesi ove vi è una crisi economica e cercano un miglioramento del loro stato sociale. Ma in quest’ultimo caso le regole umanitarie di soccorso non valgono, per cui, riconoscendo questo stato di fatto, essi dovrebbero essere rimpatriati al loro Paese d’origine, non già con aerei da duecento posti che ne trasportano cinquanta per volta, bensì con navi che ne trasportano duemila per volta.
In teoria sorge una questione: come si fa a determinare se un migrante è rifugiato oppure scappa per ragioni economiche? Bisognerebbe fargli “l’analisi del sangue”, dopo averli salvati. Ma tale analisi non viene fatta, perché i Centri di prima accoglienza non sono attrezzati alla bisogna in quanto il Governo italiano ha deciso una linea morbida che in un anno ha fatto più che triplicare il numero degli sbarchi. E ancora quest’anno non è finito.
Perché questo cambio di rotta? La risposta immediata è: per ragioni umanitarie. Certo. Ma vogliamo sottoporre all’attenzione l’enorme business che c’è dietro la gestione di questi disgraziati che arrivano nel nostro Paese.
Amministrazione sanitaria, burocrazia, Forze dell’ordine, sistemi di trasporto, alloggi e tant’altro costano miliardi al nostro Stato. Se i migranti non ci fossero, questi miliardi potrebbero essere destinati a infrastrutture, ad altri servizi sociali e all’occupazione, per far crescere l’economia.
Non si capisce la motivazione per cui il nostro Governo non fa il bene del Popolo, ma cerca di seguire le frange di partitini pieni di ideologia, che non guardano con concretezza a ciò che avviene ma si occupano di fare propaganda e illudere chi non ragiona con la propria testa su argomenti che sono destituiti di fondamento perché non concreti.
Questa è la logica conseguenza di una maggioranza eterogenea, in cui si condividono modi di pensare opposti e obiettivi diversi, il che comporta una disfunzione generale che solo la pazienza di Conte riesce a smussare, non sempre riuscendovi.
Certo, dopo la batosta del 20/21 settembre, il Movimento 5 stelle, sceso dal 34% del 4 marzo 2018 a un misero 8%, ha deciso di cambiare modo di funzionare, di diventare un partito vero e proprio e non più il Movimento del Popolo che voleva raccogliere consensi in tutto l’arco costituzionale.
Oggi l’M5s si attesta nella parte dei progressisti e quindi è del tutto naturale la sua alleanza con il Partito democratico. Italia Viva e Leu hanno dimostrato la loro inconsistenza nell’elettorato, anche se hanno ancora un numero di parlamentari significativo.
Tutto il raggruppamento governativo ha l’interesse di restare ancorato alle poltrone fino a febbraio-marzo 2023, perché dopo quelle elezioni il loro numero sarà falcidiato senza pietà.
A meno che il presidente del Consiglio non abbia la capacità di stabilire le linee generali per l’utilizzo dei finanziamenti disponibili e, concretamente, di far approvare dall’Ue e mettere in campo i progetti, in modo da immettere nel Sistema Italia la liquidità necessaria all’economia, come l’aria che si respira.
Basta gestione dei migranti. Ora è il tempo di progetti concreti e attuati.
La presidente della Commissione ha ripiegato su una soluzione di secondo piano, e cioè che scatterebbe, su base volontaria, la ripartizione dei migranti giunti nei Paesi costieri. Ovvero, in una sorta di compenso in denaro per la loro gestione.
Come ben si capisce, l’Europa è ancora lontana dall’adottare una vera soluzione riguardante il flusso migratorio.
Nelle more, Italia e Grecia subiscono la pressione di barche, barchini, Ong e simili, che hanno fino a oggi portato sulle coste, nel 2020, quasi 24 mila persone.
Qualcuno ha osservato che occorre valutare se essi possono essere considerati rifugiati, che fuggono da guerre e pestilenze, ovvero migranti che abitano in Paesi ove vi è una crisi economica e cercano un miglioramento del loro stato sociale. Ma in quest’ultimo caso le regole umanitarie di soccorso non valgono, per cui, riconoscendo questo stato di fatto, essi dovrebbero essere rimpatriati al loro Paese d’origine, non già con aerei da duecento posti che ne trasportano cinquanta per volta, bensì con navi che ne trasportano duemila per volta.
In teoria sorge una questione: come si fa a determinare se un migrante è rifugiato oppure scappa per ragioni economiche? Bisognerebbe fargli “l’analisi del sangue”, dopo averli salvati. Ma tale analisi non viene fatta, perché i Centri di prima accoglienza non sono attrezzati alla bisogna in quanto il Governo italiano ha deciso una linea morbida che in un anno ha fatto più che triplicare il numero degli sbarchi. E ancora quest’anno non è finito.
Perché questo cambio di rotta? La risposta immediata è: per ragioni umanitarie. Certo. Ma vogliamo sottoporre all’attenzione l’enorme business che c’è dietro la gestione di questi disgraziati che arrivano nel nostro Paese.
Amministrazione sanitaria, burocrazia, Forze dell’ordine, sistemi di trasporto, alloggi e tant’altro costano miliardi al nostro Stato. Se i migranti non ci fossero, questi miliardi potrebbero essere destinati a infrastrutture, ad altri servizi sociali e all’occupazione, per far crescere l’economia.
Non si capisce la motivazione per cui il nostro Governo non fa il bene del Popolo, ma cerca di seguire le frange di partitini pieni di ideologia, che non guardano con concretezza a ciò che avviene ma si occupano di fare propaganda e illudere chi non ragiona con la propria testa su argomenti che sono destituiti di fondamento perché non concreti.
Questa è la logica conseguenza di una maggioranza eterogenea, in cui si condividono modi di pensare opposti e obiettivi diversi, il che comporta una disfunzione generale che solo la pazienza di Conte riesce a smussare, non sempre riuscendovi.
Certo, dopo la batosta del 20/21 settembre, il Movimento 5 stelle, sceso dal 34% del 4 marzo 2018 a un misero 8%, ha deciso di cambiare modo di funzionare, di diventare un partito vero e proprio e non più il Movimento del Popolo che voleva raccogliere consensi in tutto l’arco costituzionale.
Oggi l’M5s si attesta nella parte dei progressisti e quindi è del tutto naturale la sua alleanza con il Partito democratico. Italia Viva e Leu hanno dimostrato la loro inconsistenza nell’elettorato, anche se hanno ancora un numero di parlamentari significativo.
Tutto il raggruppamento governativo ha l’interesse di restare ancorato alle poltrone fino a febbraio-marzo 2023, perché dopo quelle elezioni il loro numero sarà falcidiato senza pietà.
A meno che il presidente del Consiglio non abbia la capacità di stabilire le linee generali per l’utilizzo dei finanziamenti disponibili e, concretamente, di far approvare dall’Ue e mettere in campo i progetti, in modo da immettere nel Sistema Italia la liquidità necessaria all’economia, come l’aria che si respira.
Basta gestione dei migranti. Ora è il tempo di progetti concreti e attuati.
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