ROMA- Il tumore al polmone è il terzo per frequenza in Italia, coprendo l’11% di tutti i tumori e rappresentando la prima causa di morte oncologica negli uomini e la terza nelle donne secondo il rapporto Aiom-Airtum del 2019 “I numeri del cancro in Italia”.
Per meglio capire il livello di conoscenza e l’utilizzo concreto delle nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche da parte degli oncologi, Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla Salute della donna e di genere, in collaborazione con l’Istituto di ricerca Elma Research e con il contributo non condizionante di Roche, ha condotto un’indagine a livello nazionale su 90 specialisti afferenti a diverse tipologie di strutture.
Secondo i risultati dell’indagine, pubblicata su Onda Medica, i test diagnostici molecolari su campioni istologici in grado di determinare le alterazioni molecolari alla base del tumore vengono effettuati nel 67% dei casi di tumore localmente avanzato o metastatico e sono costituiti in modo routinario dallo screening per le mutazioni Egfr, Pd-l1 e Alk. Il test meno prescritto è quello per la ricerca della fusione Ntrk che viene condotto solo nel 40% dei casi. Queste analisi sono molto importanti perchè permettono di definire meglio la biologia del tumore che si sta trattando, determinando la prognosi e adattando il percorso terapeutico. Non bisogna dimenticare che solo 7 centri su 10 dispongono di un team multidisciplinare - costituito principalmente da oncologi, anatomopatologi, radiologi e chirurghi - che si riunisce regolarmente per la definizione del percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato o metastatico; solo nel 17% delle strutture questo team non è presente ma si procede con l’attivazione di collaborazioni tra reparti e specialisti autonomi. In tal senso, si osservano differenze a seconda della tipologia di struttura, il lavoro in equipe rappresenta infatti lo standard negli Irccs e negli ospedali universitari (95%) ed è attivo nella maggior parte degli ospedali di grandi dimensioni (69%), ma solo nella metà degli ospedali di piccole dimensioni (51%).
“L’organizzazione della diagnostica molecolare in Italia resta eterogenea. Dai risultati di due studi osservazionali, uno presentato nel 2017 e l’altro nel 2018, è emerso che me nostro paese solo il 50% dei pazienti riceve una diagnostica molecolare adeguata”, spiegano VanesaGregorc e Chiara Lazzari, rispettivamente responsabile oncologia toracica dell’Unità di Oncologia dell’Irccs Ospedale san Raffaele e oncologa della stessa Unità, che hanno contribuito alla survey.
Per meglio capire il livello di conoscenza e l’utilizzo concreto delle nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche da parte degli oncologi, Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla Salute della donna e di genere, in collaborazione con l’Istituto di ricerca Elma Research e con il contributo non condizionante di Roche, ha condotto un’indagine a livello nazionale su 90 specialisti afferenti a diverse tipologie di strutture.
Secondo i risultati dell’indagine, pubblicata su Onda Medica, i test diagnostici molecolari su campioni istologici in grado di determinare le alterazioni molecolari alla base del tumore vengono effettuati nel 67% dei casi di tumore localmente avanzato o metastatico e sono costituiti in modo routinario dallo screening per le mutazioni Egfr, Pd-l1 e Alk. Il test meno prescritto è quello per la ricerca della fusione Ntrk che viene condotto solo nel 40% dei casi. Queste analisi sono molto importanti perchè permettono di definire meglio la biologia del tumore che si sta trattando, determinando la prognosi e adattando il percorso terapeutico. Non bisogna dimenticare che solo 7 centri su 10 dispongono di un team multidisciplinare - costituito principalmente da oncologi, anatomopatologi, radiologi e chirurghi - che si riunisce regolarmente per la definizione del percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato o metastatico; solo nel 17% delle strutture questo team non è presente ma si procede con l’attivazione di collaborazioni tra reparti e specialisti autonomi. In tal senso, si osservano differenze a seconda della tipologia di struttura, il lavoro in equipe rappresenta infatti lo standard negli Irccs e negli ospedali universitari (95%) ed è attivo nella maggior parte degli ospedali di grandi dimensioni (69%), ma solo nella metà degli ospedali di piccole dimensioni (51%).
“L’organizzazione della diagnostica molecolare in Italia resta eterogenea. Dai risultati di due studi osservazionali, uno presentato nel 2017 e l’altro nel 2018, è emerso che me nostro paese solo il 50% dei pazienti riceve una diagnostica molecolare adeguata”, spiegano VanesaGregorc e Chiara Lazzari, rispettivamente responsabile oncologia toracica dell’Unità di Oncologia dell’Irccs Ospedale san Raffaele e oncologa della stessa Unità, che hanno contribuito alla survey.
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