di Carlo Alberto Tregua, Direttore del Quotidiano di Sicilia
In questa penultima settimana ante referendum, prendiamo atto della coalizione di tutti i cespugli, coalizzati per il No al quesito referendario costituzionale.
Da Più Europa, a LeU, ad Azione di Calenda (venuto al nostro forum pubblicato l’1 febbraio del 2014) a Italia Viva, che però tentenna, ad altri fra cui i Radicali. Soprattutto questo partito, ormai inesistente, fa male a tradire le azioni libertarie e formidabili di Marco Pannella che, con la sua vulcanicità e capacità, riuscì a fare approvare dal Popolo italiano due quesiti referendari: il primo per l’approvazione del divorzio (1974) ed il secondo relativo all’aborto (1981).
In quelle due storiche occasioni, tutta la partitocrazia si schierò contro Pannella. Anche la Chiesa, conservatrice, lanciò anatemi contro la liberalizzazione di aborto e divorzio.
E però il Popolo italiano ebbe la consapevolezza che i due bavagli non avevano più senso e votò a larga maggioranza i quesiti proposti dai Radicali. Quando il Popolo pensa, agisce con buonsenso.
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Nel caso del quesito referendario confermativo della riforma Renzi del 4 dicembre 2016, il Popolo non fu lungimirante, anche perché quella era una riforma complessa, non di facile comprensione, cosicché essa fu bocciata.
Questa volta però il quesito referendario è semplice ed elementare e cioè mandare a casa 345 privilegiati, che della politica hanno fatto un mestiere, atteso che centinaia di essi prima non lo avevano.
Figuriamoci, per un disoccupato andare in Parlamento è stato come andare alla Mecca, diecimila euro al mese più benefit, meglio che una vincita alla lotteria. Qualcuno di questi è terrorizzato dall’ipotesi di ritornare alla vita grama precedente e pertanto si può prevedere con grande ragionevolezza che la presente legislatura arriverà fino all’ultimo giorno.
Qualche bugiardo ha detto che il risparmio è modesto, ripetiamo invece come il seguente conteggio semplice porti alla conclusione che il risparmio è di circa 500 milioni l’anno.
La Camera costa circa un miliardo, il Senato più di 500 milioni sempre per anno. Per cui, riducendo di un terzo il loro numero, anche il costo complessivo di 1,5 miliardi si riduce di un terzo: appunto 500 milioni.
Qualche esperto ha argomentato come il minor numero di parlamentari avrebbe leso la rappresentatività e quindi la Democrazia. Chiediamo a questi saccenti se nonostante l’alto numero di rappresentanti del Popolo nel Parlamento cinese (tremila), colà la Democrazia è rappresentata. Sappiamo bene che non la è, perché non è il numero dei parlamentari che conta, ma è esercizio delle libertà.
Qualche altro sapientone ha argomentato che le aree marginali non saranno rappresentate. Non lo sono neanche oggi. In ogni caso conterà l’obbligatorio nuovo ridisegno delle circoscrizioni. In quella sede si dovrà fare attenzione che tutte le aree del Paese abbiano una rappresentatività proporzionale.
I favorevoli del No sono prodighi di argomentazioni. Figuriamoci in un Paese di parolai se non si trovano argomenti a favore di qualunque tesi. Ma i cittadini, che pensano con la propria testa e non con quella degli altri, devono ragionare ed individuare dove sta la verità.
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La quantità dei parlamentari non è sinonimo della loro qualità. Fra molti di essi che sono colti, competenti e preparati, ve n’è una maggiore quantità di ignoranti, incompetenti e presuntuosi. Lo vediamo quando compaiono in televisione, ripetere a pappagallo quelle frasi che hanno imparato o che gli hanno inculcato nella testa. Pochi sono i ragionatori in proprio; molti quelli che pensano con la testa degli altri e che quindi si comportano come marionette.
Conseguenza di quanto precede è che i cittadini si devono abituare a scegliere candidati intelligenti, capaci ed onesti e non stupidotti alle prime armi.
Per questo è necessaria una riforma elettorale maggioritaria a due turni, ovvero proporzionale con la reintroduzione delle preferenze.
Ma intanto mandiamo a casa 345 privilegiati, fra cui molti voltagabbana, che tengono famiglia, alla quale devolvono i propri proventi sottratti arbitrariamente dalle tasche dei cittadini, che, proprio per questo, li devono ripudiare votando Sì, Sì, Sì.
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