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La politica che distrugge se stessa: i casi di Monreale e di Racalmuto

La politica che distrugge se stessa: i casi di Monreale e di Racalmuto

La politica che distrugge se stessa: i casi di Monreale e di Racalmuto

Oggi voglio raccontarvi due storie così uguali e per niente diverse, che parlano di due Comuni distanti fra loro poco più di 200 chilometri, ma così tanto vicini idealmente, specie in questo ultimo periodo. Parafrasando il titolo di un film di Wim Wenders (o di una canzone degli U2, se preferite) “Così lontani, così vicini”.

I Comuni di cui vi parlo sono quelli della meraviglia barocca Monreale, già patrimonio Unesco (percorso arabo-normanno) e della gloriosa Racalmuto, città che può vantarsi dell’aver dato i natali a una delle menti più brillanti del XX Secolo: Leonardo Sciascia. Ma ciò che ora che lega le due città non sono né la letteratura, né l’arte, bensì qualcosa di molto, ma molto più profano come la politica.

Quando parlo di politica neanch’io però ho riferimenti alti all’arte della polis, non ci saranno agganci ad Aristotele, Platone, Tocqueville, tantomeno a Montesquieu, Rousseau o Marx. Mi riferisco piuttosto alla base manovalanza del compromesso, del do ut des tipico della politica italiana in generale e siciliana in particolare, la cui stella polare è il Partito democratico.

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Duomo di Monreale (foto da internet)

Ebbene ci sono due sindaci, entrambi del Pd, Piero Capizzi a Monreale ed Emilio Messana a Racalmuto alle prese con i pruriti dei membri del loro partito. Capizzi ha nominato una nuova Giunta, ma i nomi non piacevano alla segreteria provinciale. Da monrealese che conosce la propria città magari il primo cittadino avrà pure il diritto di scegliersi uomini di propria fiducia che possono aiutarlo nella sua azione amministrativa? Per il partito non è così, evidentemente. Poco dopo il giuramento della nuova Giunta infatti è arrivata una dura nota da parte della segreteria regionale che ha di fatto espulso dal partito 6 consiglieri su 11, rei di aver appoggiato l’esecutivo di Capizzi. Il quale è rimasto con il cerino in mano e poche ore dopo si è salvato in extremis in un Consiglio dove si votava il Consuntivo 2015, grazie a due voti dell’opposizione. Ma del doman non v’è certezza.

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Leonardo Sciascia (foto da internet)

A Racalmuto la situazione per certi versi è ancora più paradossale. Messana, in carica da due anni e mezzo, ha iniziato ad amministrare con una Giunta a carattere prevalentemente tecnico. Il Pd ha così chiesto di rifare un nuovo esecutivo con connotati più politici. Il primo cittadino è andato così in ricognizione, mentre un assessore lasciava di sua spontanea volontà il proprio incarico e gli altri tre rimettevano le deleghe nelle sue mani. L’impazienza sulla ricollocazione delle poltrone ha però scatenato un terremoto. Otto consiglieri (fra cui la presidente del Consiglio) hanno già firmato la sfiducia al sindaco e i due esponenti del Pd si sono dimessi dalle rispettive cariche (vice presidente del Consiglio e presidente della Commissione Ambiente), lasciando cadere nel vuoto l’appello all’unità lanciato dal segretario provinciale.

Voi direte che si tratta forse di due casi limite. E invece no, a Menfi (AG) un paio di mesi fa è accaduta la stessa identica cosa. La morale? Si parla tanto dell’impossibilità a governare, di certa burocrazia che si mette in mezzo a ostacolare ogni iniziativa, di alcuni sindacati che si impuntano, ma forse la cruda verità è che molto più spesso di quanto non si pensi è che la politica stessa impedisce a governare. Una politica che è diventata di fatto antipolitica. E poi c’è qualcuno che ancora si domanda ancora perché il M5s con il suo impeto distruttore sia costantemente in testa ai sondaggi.

Luca Mangogna

 Twitter: @LucaMangogna

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